Riapre il luogo più sacro della cristianità. Al terzo giorno della serrata al Santo Sepolcro, il governo di Israele è intervenuto per trovare una via d’uscita nel clamoroso braccio di ferro con le Chiese. L’esecutivo guidato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu ha infatti sospeso le misure adottate per applicare alle comunità cristiane la contestata tassa che aveva portato alla chiusura per protesta del Santo Sepolcro nella mattina di domenica 25 febbraio.
Le tasse arretrate che il comune di Gerusalemme esigeva, pari all’equivalente di 53 milioni di euro, riguardavano le proprietà ecclesiali che gli israeliani considerano commerciali, sostenendo che le esenzioni fiscali spettano soltanto ai luoghi di culto. Rimane congelato inoltre anche l’altro provvedimento indicato dalle Chiese a motivo della chiusura ad oltranza della Basilica più cara ai cristiani della Terra Santa: la discussione del progetto di legge presentato alla Knesset dalla parlamentare Rachel Azaria (già vicesindaco di Gerusalemme) che prevedrebbe l’esproprio di alcuni immobili venduti dalle Chiese.
Dichiarazione del Gran Maestro dell'#Oessg riguardo alla chiusura del #SantoSepolcro https://t.co/CmOs9VfOU2 pic.twitter.com/dj7sHZb5j7
— Gran Mag OESSH (@GM_oessh) February 26, 2018
Il doppio contenzioso sarà affrontato in una trattativa diretta tra le Chiese e una commissione presieduta dal ministro della Cooperazione regionale Tzachi Hanegbi, incaricato di risolvere una vicenda che resta spinosa per i rapporti con i cattolici, i greci ortodossi e gli armeni.
La sospensione delle nuove tasse ha comunque portato nel giro di poche ore i frutti sperati per il governo di Israele, che temeva la vicenda potesse incidere negativamente sul fiorente turismo religioso a un mese dalla Pasqua.
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