Compleanno col botto per la Guida suprema iraniana Ali Khamenei. Attorno alle 4:30 di venerdì 19 aprile, tre droni sono stati intercettati nei cieli sopra la città di Isfahan. L’abbattimento degli ordigni ha generato delle forti esplosioni nell’area. La notizia è stata data nella notte dalla televisione ufficiale iraniana, che non ha però indicato una responsabilità israeliana nell’iniziativa militare. Analoga la versione dello Stato ebraico, cauto di fronte alla possibilità di un’escalation bellica. Secondo il canale statunitense Abc News, invece, i droni sarebbero stati manovrati da Tel Aviv, in risposta all’attacco “scenografico” del 13 aprile.
Un triplice botto
A pochi minuti dall’attacco dei droni, è arrivato il comunicato dell’agenzia di stampa del regime islamico Irna: «La difesa aerea iraniana è stata attivata nei cieli di diverse province del paese». Le tre esplosioni, avvenute nei pressi di un aeroporto e di una base militare di Isfahan, non hanno generato danni significativi. Lo ha riferito alla televisione statale un alto comandante dell’esercito iraniano, il generale Siavosh Mihandoost. Smentito anche l’uso di missili nell’attacco. E, cosa più importante, i siti nucleari presenti nei pressi dell’area colpiti non sono stati interessati dall’esplosione.
Conferme a riguardo sono arrivate sia dai giornali iraniani che dall’organizzazione dell’ONU deputata al controllo del settore dell’energia nucleare (IAEA). A Isfahan, infatti, sorge un impianto di estrazione e arricchimento dell’uranio. Si tratta di uno dei quattro “punti caldi” iraniani, oltre alle strutture ubicate a Natanza, Fordo e Arak. Da tempo la comunità internazionale attenziona questi luoghi in quanto potenziali siti di produzione della bomba atomica.
Non giocare con la coda del leone
Una fonte militare americana ha riferito a Fox News che l’attacco di Israele sull’Iran è stato «limitato». In questa prima fase di comunicazioni, solo gli Stati Uniti hanno associato l’attacco dei droni all’iniziativa israeliana.
Perché Israele non rivendica l’attacco? Secondo il Jerusalem Post, Tel Aviv non si assume le responsabilità dell’attacco «per ragioni strategiche». È possibile che la volontà di evitare un’escalation nella regione abbia prevalso sull’intenzione di compromettersi in uno scontro con la Repubblica islamica.
Sponda Teheran, la situazione è analoga. Come riportato dal Jerusalem Post, gli iraniani non hanno interesse a rompere il precario equilibrio con Israele. Stando a quanto riferito da alcuni media vicini al governo di Teheran, i tre colpi di Isfahan sarebbero da addebitare a «un’esplosione in una fabbrica». Al coro delle minimizzazioni si è unito anche il comandante in capo dell’Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, che ha affermato che i botti della mattina siano da ricollegare all’abbattimento di «oggetti volanti», non facendo riferimento a un possibile coinvolgimento dello Stato ebraico.
Tuttavia, non sembra esserci un’unica linea comunicativa all’interno del governo della Repubblica islamica. Attorno alle 10:30 di questa mattina, il parlamentare iraniano Mahmoud Abbaszadeh Mashkini ha messo in guardia lo Stato ebraico dichiarando che ha commesso «un errore molto pericoloso e strategico giocando con la coda del leone».