Iran, condannato a morte per blasfemia il cantante Tataloo

Il trentasettenne cantante iraniano Amir Hossein Maghsoudloo, noto come Tataloo, è stato condannato a morte dalla Corte suprema della Repubblica Islamica, stando a quanto riportato da un giornale riformista locale.

Nel marzo del 2024 Tataloo era stato condannato a cinque anni di detenzione per diversi reati, tra cui quello di promuovere la «prostituzione», diffondere «propaganda»  contro la Repubblica islamica, accuse che vanno sotto il nome di «contenuto osceno»  e anche di blasfemia. Ed è proprio per aver «insultato il profeta» dell’Islam Maometto che la Corte suprema ha accettato l’obiezione della procura per la condanna a morte.

La decisione della Corte suprema

«Di recente [Tataloo] è diventato idoneo alla clemenza dei sensi delle disposizioni di legge. Le disposizioni di clemenza, o sospensioni legali, sono misure delineate nel diritto penale per assistere i condannati in linea con l’approccio della giustizia riparativa», ha affermato la magistratura.

L’accusa di blasfemia è stata annullata e deferita a un tribunale parallelo dopo che il pubblico ministero ha presentato opposizione al verdetto emesso dalla Nona Sezione della Corte penale.

Nel rapporto della magistratura si aggiunge che il verdetto non è definitivo e che è ancora possibile presentare ricorso.

Passato controverso

In anni passati Tataloo aveva avuto posizioni vicine al regime teocratico di Teheran. Nel 2015, Tataloo aveva pubblicato una canzone a sostegno del programma nucleare iraniano, il JCPOA, che poi durante la prima presidenza statunitense di Donald Trump è andato in fumo.

Nel 2017, Tataloo aveva partecipato a incontro televisivo con il presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi, morto l’anno scorso in un incidente in elicottero, in un momento in cui i politici della Repubblica Islamica desideravano coinvolgere il pubblico giovane e progressista dell’Iran.

Dal 2018 Tataloo viveva a Istanbul. Nel dicembre del 2023 è stato estradato in Iran dalle autorità turche e da allora è trattenuto in carcere.

Un’altra condanna a morte

Quella a Tataloo è l’ennesima condanna a morte emessa dalla magistratura della Repubblica Islamica nei confronti di figure dissidenti. In questi primi giorni del 2025 sono già state condannate a morte cinquantaquattro persone.

Pakhshan Azizi, quarantenne attivista curda, è tra queste, dopo che lo scorso 9 gennaio la Corte suprema ha respinto il ricorso in merito alla sua condanna a morte, formulata lo scorso giugno per «ribellione».

Azizi è stata accusata di far parte di gruppi armati curdi fuorilegge che operano nella regione, ma i suoi avvocati hanno negato qualsiasi legame con le organizzazioni.

Amnesty International ha definito il processo ad Azizi «gravemente ingiusto», descrivendola come un’operatrice umanitaria e attivista della società civile che dal 2014 al 2022 ha aiutato donne e bambini nei campi nel nord-est della Siria e nel nord dell’Iraq sfollati dai territori controllati dallo Stato islamico.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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