Il Portogallo torna a guardare a destra. Domenica 10 marzo le elezioni politiche anticipate hanno incoronato Alleanza Democratica (Ad) come primo partito del Paese e leader del dopo-Costa. Una vittoria di misura contro il Partito Socialista (Ps) che permette a un’antica tradizione lusitana di confermarsi. Quella della continua alternanza destra-sinistra al governo che dura ormai dal 1980.
Per il rotto della cuffia
«Non abbiamo possibilità di costruire una maggioranza alternativa». Con queste parole Pedro Nuno Santos, candidato del Ps, ammette la sconfitta della sua parte politica. Lasciando così campo libero ad Ad. E a Luìs Montenegro: «È con grande senso di responsabilità che comunicherò al Presidente della Repubblica [Marcelo Rebelo de Sousa] la nostra disponibilità a governare con la rappresentanza che il popolo ci ha affidato».
Parole che non lasciano dubbio sul colore del nuovo esecutivo, nonostante Ad non abbia raggiunto la maggioranza assoluta (116 seggi sui 230 disponibili). Una differenza di 51mila voti tra il 29.5% del partito di centrodestra e il 28.66% del governo uscente. «Ho sempre detto che vincere le elezioni significa avere un voto in più rispetto a chiunque altro» ha commentato Montenegro poco dopo la mezzanotte. I 79 parlamentari guadagnati da Alleanza Democratica non sono però un grande passo in avanti rispetto ai 76 del 2022. Si tratta invece di un rapidissima crollo per il Partito Socialista, che perde un terzo dei voti che le avevano permesso di guadagnare la maioria absoluta due anni fa (41.68%). Un Portogallo letteralmente spaccato a metà: il nord per Ad, il sud per il Ps. Unica eccezione il distretto di Faro, nell’estremo sud. Ora il tema principale diventa un altro: come sarà composto il primo governo Montenegro?
Boom per l’estrema destra
In Portogallo il vero vincitore di queste politiche non è Ad, bensì Chega. Il partito di estrema destra ha racimolato addirittura il 18.1%. Una crescita spaventosa rispetto al 2019 (1.3%) ma anche rispetto al 2022, quando la formazione di André Ventura ottenne il 7.2% e 12 seggi. Ora questi seggi sono quadruplicati, forse anche grazie ai postumi dello scandalo di corruzione che ha obbligato Antonio Costa – con tutti gli equivoci del caso – a rassegnare le dimissioni lo scorso novembre.
I complimenti dai ‘fratelli europei’ (Vox in Spagna, Rassamblement National in Francia, Fidesz in Ungheria) spiegano i dubbi di Ad. Montenegro in tempi non sospetti aveva già escluso la possibilità di una coalizione di governo che includesse Chega. «Esprimono opinioni spesso xenofobe, razziste, populiste ed eccessivamente demagogiche», aveva spiegato. Ma ora è probabile che si trovi sotto grandi pressioni da parte del suo stesso partito per raggiungere un accordo. Anche perché per raggiungere i seggi necessari l’unione Ad-Chega basta e avanza. E qualunque altra combinazione (di destra o sinistra) che non tenga presente Chega non ha speranze di raggiungere quota 116 parlamentari. Insomma, una situazione non dissimile a quella spagnola di ottobre e che ha visto Sanchez scendere a compromessi con gli indipendentisti catalani.