Aveva 22 anni Naomi Musenga la giovane mamma morta a Strasburgo il 29 dicembre scorso alle 11 di mattina. «Mi sento morire – dice Naomi all’operatrice della guardia medica al telefono – sto malissimo». Ma dall’altra parte della cornetta, nessuno le crede. «Sì certo, prima o poi, un giorno, lei morirà come tutti» si sente rispondere.
Le registrazioni telefoniche documentano anche battute e scherzi tra i colleghi del 118: «Ha 22 anni, ha detto che sta morendo». «Sto per morire, per favore, mi aiuti signora, ho un dolore fortissimo allo stomaco e ovunque» urla Naomi. «Chiami i medici di turno – dice l’operatrice- oppure chiami il suo medico».
Le sue condizioni continuano a peggiorare notevolmente, ma a Naomi non resta che riagganciare, sperando in un ultimo tentativo. Dopo alcune ore, infatti, la giovane chiama nuovamente il numero di emergenza. Questa volta però qualcuno le crede, ciò non basta a salvarle la vita, perché quando arrivano i soccorritori a casa di lei le sue condizioni sono ormai critiche. E la corsa in ospedale si rivela inutile. Naomi ha subito due arresti cardiaci e muore in terapia intensiva alle 17.30. Esattamente sei ore e mezza dopo la sua prima telefonata. «Cedimento multiviscerale per choc emorragico» questo l’esito dell’autopsia.
Il caso è emerso solo a mesi di distanza, è stata la stessa famiglia a denunciare ai media l’accaduto, ottenendo le registrazioni di quelle telefonate. «Sono profondamente indignata per le circostanze della morte di Naomi Musenga» ha fatto sapere il ministro della Salute Agnes Buzyn che ha garantito il pieno sostegno ai cari della donna e l’apertura di un’inchiesta. (cs)