Facebook travolto dal datagate: si dimette Stamos, il capo della sicurezza

Il primo a fare le valigie dopo lo scandalo datagate che ha investito il colosso Facebook, sarebbe il responsabile della sicurezza delle informazioni, Alex Stamos. «Disaccordi interni su come affrontare la vicenda e su come i vertici del gigante dei social media hanno gestito la questione delle fake news diffuse attraverso la piattaforma». A rivelare le motivazioni delle presunte dimissioni è il New York Times. La risposta del diretto interessato non si è fatta attendere: «Nonostante le voci, sono pienamente impegnato nel mio lavoro a Facebook. E’ vero che il mio ruolo è cambiato. Sto attualmente passando più tempo a valutare rischi di sicurezza emergenti e a lavorare sulla sicurezza nelle elezioni». Eppure per l’agenzia Reuters il congedo sarà comunque effettivo da agosto prossimo.

Ora Facebook si trova ad affrontare la più insidiosa crisi del social network, che vede il proprio titolo perdere il 6,7% a Wall Street. 50 i milioni di profili di persone raccolti dalla piattaforma e venduti dall’app della società di ricerche Global Science Research alla Cambridge Analytica, azienda inglese di analisi di mercato dedicata allo sviluppo di progetti di marketing. La Cambridge Analytica avrebbe utilizzato queste informazioni durante la campagna elettorale del presidente americano, Donald Trump. Il sospetto è che i dati sugli elettori statunitensi fossero stati sottratti illecitamente, violando le più elementari norme sulla privacy, per permettere alla datacompany britannica di influenzare il loro voto. L’accusa rivolta al gigante dei media è quella di aver di aver tenuto all’oscuro gli utenti su quanto accaduto.

La piattaforma sta così tentando di dare una spiegazione ufficiale a quello che è successo. «L’autorizzazione per raccogliere dati attraverso l’app thisisyourdigitallife era stata data per scopi accademici. Quando è stata scoperta la vendita delle informazioni alla Cambridge Analytica, sia questa che la Gsr sono state radiate dal social network». Non sembra d’accordo Aleksandr Kogan, l’accademico che in prima persona ha gestito la raccolta dei dati: «Non sono una spia russa e sono pronto a parlare con l’Fbi e davanti al Congresso americano o al parlamento britannico. Noi non abbiamo mai detto che il nostro progetto fosse finalizzato ad una ricerca universitaria».

Inoltre – rivela il Guardian –  Joseph Chancellor, il cofondatore della Gsr insieme a Kogan, è attualmente un dipendente di Facebook: lavora come psicologo e ricercatore nella sede centrale di Menlo Park e fu assunto nel 2015, quando già la vendita definita “illegale” dei dati alla Cambridge Analytica era avvenuta. Un altro aspetto che potrebbe rivelarsi alquanto imbarazzante per il colosso. Nel frattempo la Commissione parlamentare britannica sulla Cultura, i Media e il Digitale ha chiesto a Mark Zuckerberg di comparire per un’audizione. Lo ha reso noto proprio il presidente della commissione, Damian Collins, citando una sua lettera in cui si accusa il management dell’azienda di aver “ingannato” l’organismo in precedenti interrogazioni. (cs)

 

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