Elezioni in Russia, Putin si conferma Zar e supera Stalin

Vladimir Putin andrà per i trenta. Non si parla di età, visto che lo Zar ha ormai raggiunto la soglia dei settant’anni, ma di anni alla guida dello Stato più grande del mondo. Nonostante le proteste e nonostante Navalny, il leader russo ha vinto le “sue” elezioni con oltre l’87% dei consensi con un’affluenza del 74,2% pari a circa 114 milioni di votanti. Ora, lo Zar, a meno di sconvolgimenti radicali, diventerà il leader più longevo dai tempi di Caterina la Grande nel 1700, scavalcando Stalin.

Elezioni e finti avversari

«La fonte del potere del Paese è il popolo russo. Dal voto di ciascun cittadino russo si compone un’unica volontà dei popoli della Federazione». Così, Vladimir Putin ha commentato i risultati plebiscitari delle elezioni, acclamato da una folla che intonava cori di supporto per il leader.

Il risultato delle elezioni è stato il più alto in tutta la storia post-sovietica della Russia e delle sue precedenti investiture. Alle presidenziali del 2012, Putin si era fermato al 63% con un affluenza del 74% e nel 2018 al 76.7% con un’affluenza al 67.5%.

Lo Zar ha vinto in maniera eclatante anche nelle regioni che i «traditori» chiamano sultanati elettorali, ovvero province governate con ampie libertà dai governatori locali. In Cecenia, terra del capo della Repubblica Ramzan Kadyrov il risultato è stato un 99,3%. Anche in Siberia, regione storicamente legata a partiti comunisti e liberaldemocratici, i consensi di Putin hanno raggiunto livelli stellari.

 

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Kadyrov e Vladimir Putin

Ha registrato, invece, un buon 4% il rivale Vladisval Davankov, leader del partito liberale Nuova Gente e deputato della Duma, il parlamento russo. In questo caso, però, non c’è da preoccuparsi. Davankov è socio in affari di Yuri Kovalchuk uno dei migliori amici di Putin e il suo partito è stato spesso accusato di essere stato creato dal Cremlino per incanalare in maniera innocua il voto dei dissidenti. Discorso simile per Leonid Slutsky il leader del partito liberal democratico di Russia, anche lui stanziatosi al 4%.

Vladimir Putin ha sempre fatto un uso sapiente dei suoi avversari, scelti appositamente per mantenere una facciata di apparente democrazia a Mosca. Sono politici vicini al Cremlino che accettano di recitare la parte dell’opposizione.

L’unico neo è arrivato in Altai, una regione incastonata tra Kazakistan e Mongolia, dove il candidato comunista Kharitonov aveva vinto al primo spoglio. Risultato subito corretto, si trattava solamente di un «errore tecnico».

Le proteste

Le elezioni del 2024 oltre che per il risultato plebiscitario, verranno ricordate per le grandi proteste che hanno attraversato tutto il paese.

Il principale movimento è stato Il Mezzogiorno contro Putin, un’iniziativa partita da Yulia Navalnaya vedova del dissidente Alexey. L’obiettivo della protesta era quello di presentarsi collettivamente negli stessi seggi allo stesso orario, per rendere la soppressione del dissenso più difficile. Dopo essersi riuniti, i manifestanti avevano il compito di annullare la scheda elettorale o votare per qualsiasi altro candidato che non fosse stato Vladimir Putin.

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Yulia Navalnya in coda all’ambasciata russa a Berlino.

Da Mosca a San Pietroburgo, fino a Kazan e alla Siberia.  Tutte le principali città russe hanno risposto all’appello, formando code di centinaia di persone riunite alle 12:00 per intasare le votazioni. La reazione del Cremlino non è stata particolarmente violenta. Le autorità si sono limitate a sorvegliare e mantenere il controllo. Secondo l’Ong Ovd-Info, gli arresti sarebbero stati solamente 74, ma i numeri potrebbero essere più alti. Lo scontro più duro si è registrato a Kazan, dove nel seggio del dipartimento di fisica dell’Università la polizia ha respinto i giovani studenti riuniti a mezzogiorno, arrestandone 23.

Molto più alta la tensione nelle regioni confinanti con l’Ucraina. I due gruppi di milizie russe filo-ucraine Legione Russia Libera e il Battaglione Siberiano durante il weekend hanno lanciato numerosi attacchi sull’oblast di Belgorod e Kursk con l’obiettivo proprio di destabilizzare le votazioni.

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Conrad, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson.

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