Elezioni Francia: primo turno al Rassemblement, Macron terza forza

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Sciarpa, occhiali da sole, qualche sorriso stirato e tante strette di mano. Questa è l’ultima immagine del presidente francese Emmanuel Macron, all’uscita dal seggio in cui ha votato per le legislative anticipate del 30 giugno. Sapeva come sarebbe andata a finire: le europee di inizio mese lo avevano allertato, i sondaggi non facevano altro che confermarlo. E in una Francia che torna in massa alle urne (circa 65% di affluenza, contro il 37% di due anni fa) Marine Le Pen, con il suo ‘delfino’ e candidato premier Jordan Bardella, hanno ribadito il successo di tre settimane fa. Rimane tutto da decidere il 7 luglio, quando in tutto il Paese si consumerà  l’ultimo atto: il secondo turno elettorale.

Le cifre di un successo 

I numeri non mentono: 33,15% (equivalente a 12 milioni di voti) e primo partito in 298 dei 577 distretti. Il Rassemblement National – con il contributo in alcune zone dei repubblicani di Eric Ciotti – è la prima forza politica. E sembra pronta a forzare per la prima volta quel ‘cordone sanitario’ che per lungo tempo aveva tenuti lontani gli estremismi dall’Hotel de Matignon, la residenza del premier.

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I risultati del primo turno elettorale distretto per distretto, 30 giugno 2024

Le predizioni ci avevano visto giusto anche per quanto riguarda gli inseguitori. Il Nouveau Front Populaire (Nfp), coalizione di sinistra, ha raccolto il 27,99% delle preferenze. Ecologisti, socialisti, comunisti, insoumisti di Melenchon: un gran minestrone di correnti ideologiche molto distanti tra loro che l’elettorato ha premiato. Un risultato forse più dovuta a un voto prettamente anti-macronista e anti-Rn che a un’effettiva vicinanza al programma miscellaneo del Nfp.

Terza forza è proprio il centrismo di Ensemble e del suo leader Emmanuel Macron (20,83%). Tutti i suoi 24 ministri non sono stati eletti alla prima tornata, compreso il premier in carica Gabriel Attal. Insomma, chiamare il Paese a elezioni anticipate si rivela per il presidente una mossa politica fallimentare. Almeno per ora.

Un meccanismo d’oltralpe

Il metodo elettorale in Francia è particolare: si vota distretto per distretto, e in ognuno dei 577 va in scena una sfida tra diversi candidati. Per accedere direttamente a un seggio dell’Assemblea Nazionale durante il primo turno il candidato deve avere la maggioranza assoluta. È stato il caso di 39 rappresentati di Rn (e altri 4 di ulteriori schieramenti destrorsi), 32 del Fronte popolare e solo 2 di Ensemble. Rimangono dunque vuote 500 sedie, che dovranno essere riempite tra sei giorni.

Come? Il processo è esattamente identico: si lotta localmente – quasi paesello per paesello – tra candidati. Al secondo turno, però, sono ammessi tutti coloro che il 30 giugno hanno ottenuto almeno il 12,5% dei voti degli aventi diritto (e non dei votanti effettivi). Per questo in oltre trecento circoscrizioni si è verificata una situazione di triangolare o addirittura quadrangolare, cioè ballottaggi tra tre o quattro candidati. E proprio su queste partite si giocherà nelle prossime 144 ore.

A patti con il diavolo?

Il sistema elettorale ora può essere croce o delizia per Jordan Bardella. Macron proverà a risollevare, con un colpo di reni, un’ultima resistenza anti-Le Pen. Nei triangolari in cui Ensemble è arrivato terzo, i centristi si tireranno fuori dalla corsa. A condizione, però, che «il candidato insoumise sia compatibile con i valori della Repubblica». Ed è una condizione sufficientemente grande: sinistra e centro in Francia si posizionano molto distanti l’uno dall’altro, e il dialogo tra le parti non è gradito a nessuno dei due.

Se Attal aveva definito il Fronte Populaire «uno spettacolo rivoltante», per Melenchon e compagni il centrismo di Macron è già troppo di destra. Lo stesso presidente francese ha rimarcato per tutta la durata della campagna elettorale questa enorme distanza. E ora ha poco tempo per incerottare le fratture e sperare che le cure provvisorie tengano fino al 7 luglio, per mero calcolo elettorale. Il Nfp, dalla sua, ha già preannunciato il ritiro sistematico di tutti i suoi esponenti arrivati terzi nei distretti in cui ha trionfato Rn.

Ma in Francia non tutti sono così disponibili a scendere a patti. Edouard Philippe, il presidente di Horizons e membro dell’alleanza Ensemble, ha già dichiarato che non sosterrà né un candidato lepenista né un insoumista. Per un liberale «è impossibile scegliere» tra estrema destra ed estrema sinistra: piuttosto l’astensionismo. Dall’altra parte, invece, i Repubblicani con il loro 6% si mantengono abbastanza neutrali. Non abbracciano ancora la proposta di formare un «nuovo fronte repubblicano» contro Le Pen. Anzi, guardano con sempre maggior sospetto al ‘pericolo’ posto dalla coalizione di Melenchon.

Intanto a Bardella non resta che attendere e sperare di raggiungere il numero magico di 289 seggi, che gli permetterebbe di entrare all’Hotel de Matignon con la maggioranza assoluta. E a fargli questo regalo potrebbe essere proprio la crescente incomunicabilità tra centro e gauche.

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