Crack Evergrande, da Hong Kong l’ordine di liquidazione

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L’Alta Corte di Hong Kong ha ordinato la liquidazione di Evergrande. Dopo tre anni di stallo dalla prima bancarotta, il colosso immobiliare cinese non è riuscito a presentare un convincente piano di ristrutturazione. Diciotto mesi di trattative, sette proroghe e ora la decisione finale. Ora saranno annunciati i liquidatori provvisori, che avranno il compito di negoziare con i creditori per lo smantellamento della società.

La fine di un dominio

Da simbolo della solidità economica cinese a esemplare principe della crisi del mattone che sta travolgendo da anni il Dragone. Il più grande promotore dello sviluppo immobiliare in Asia ha accumulato passività per oltre 340 miliardi di dollari. Contribuendo in maniera decisiva alla formazione di una bolla speculativa che ha potenzialità distruttive simili se non peggiori a quella del 2008.

L’istanza di liquidazione era stata presentata nel giugno 2022 da Top Shine, un investitore nell’unità Evergrande Fangchebao. Secondo Top Shine il colosso non aveva onorato un accordo per riacquistare alcune azioni che aveva acquisito in quella unità. Ora, da Hong Kong, il colpo di grazia.

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Alcuni edifici residenziali in costruzione nella città cinese di Foshan

Decisiva, secondo il giudice Linda Chan, «l’evidente incapacità di presentare un piano di ristrutturazione realizzabile». Da qui, l’ordine di liquidazione per Evergrande. Un’udienza durata poco meno di un’ora, ma con enormi conseguenze sul mercato internazionale. Le azioni della società sono crollate del 20% sul mercato di Hong Kong. Sospesi il titolo e le quotazioni di Evergrande NEV, azienda di veicoli elettrici.

La reazione di Evergrande

«Una decisione deplorevole», le parole del CEO di Evergrande Shawn Siu al quotidiano cinese 21st Century Business Herald. E ha poi accennato alla possibilità di un ricorso in appello: «La sentenza odierna è contraria alle nostre intenzioni originali. Abbiamo fatto del nostro meglio. Ora adotteremo tutte le misure legali del caso». Una risoluzione che coglie un po’ di sorpresa i piani alti del colosso di Shenzhen. A dicembre avevano infatti chiesto e ottenuto dal medesimo tribunale una ‘tregua giudiziaria’. Vale a dire un periodo non ben definito di tempo in cui fosse possibile mettere in ordine le carte e stabilire un possibile piano di operatività futura.

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Hui Ka Yan, fondatore e proprietario di Evergrande con un debito di 300 miliardi di dollari

È bene specificare che la decisione riguarderebbe solo l’unità China Evergrande quotata a Hong Kong. Le unità nazionali ed estere del gruppo sono infatti entità legali indipendenti. Per questo non dovrebbero essere intaccate dalla decisione del giudice Chan. Lo stesso Siu ha assicurato il costante impegno di Evergrande nel continuare le operazioni e garantire proprietà agli acquirenti. In quanto ex colonia britannica, infatti, Hong Kong opera secondo un sistema legale separato. I tribunali cinesi non sono obbligati ad accogliere la sentenza di fallimento in questione.

Un default annoso

Evergrande era la punta di diamante del settore che rappresenta circa un quarto dell’economia cinese. Poi, nel 2021, il primo default. In poco tempo diventa la società più indebitata al mondo nell’immobiliare. Un crollo che nasce un anno prima, nel 2020. Quando Pechino blocca i prestiti agli sviluppatori immobiliari nel tentativo di placare una bolla speculativa fuori controllo. Per il presidente Xi Jinping i debiti accumulati rappresentano «un rischio inaccettabile per il sistema finanziario cinese».

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Uno degli uffici in territorio cinese del colosso Evergrande

Ma ormai è troppo tardi: il boom economico aveva spinto molte società di costruttori a richiedere ingenti prestiti per rispondere all’elevata domanda di urbanizzazione di massa. Evergrande, così come altri, hanno fatto promesse eccessive: prendendo soldi per appartamenti non finiti e lasciando centinaia di migliaia di acquirenti a mani vuote. Alla mancanza di fondi e liquidità segue un’ondata di mancati pagamenti. Questo fa schizzare alle stelle il debito totale di imprese, governi e famiglie a oltre il 300% della produzione economica annua del Dragone.

In meno di tre anni, da metà 2021, quasi il 40% delle società immobiliari cinesi sono andate in default. Evergrande da sola, tra 2021 e 2022, accumula circa 81 miliardi di dollari di perdite. A oggi il colosso possiede 565 milioni di metri quadrati di terreni da sviluppare, e in 22 città aveva aperto progetti immobiliari. Ma ora è tutto fermo. E Evergrande crolla, mattone dopo mattone.

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