Bruxelles, non si fermano le proteste degli agricoltori

Si riaccende la polemica degli agricoltori nei confronti delle politiche dell’Unione Europea. Nella mattinata di giovedì 2 febbraio, circa 1300 membri del settore primario di diversi Paesi hanno occupato Place du Luxembourg a Bruxelles per esprimere il proprio dissenso al Green deal, il piano europeo per il graduale abbandono dei combustibili fossili entro il 2030.

Decine di trattori hanno campeggiato nella piazza, e nel corso della giornata ci sono stati scontri di lieve entità con le forze dell’ordine. Petardi e lanci di uova hanno dato alla scena un aspetto di guerriglia. Non ci sono stati feriti, però. La polizia, schierata in assetto anti-sommossa, ha disinnescato ogni pericolo azionando gli idranti in direzione dei dimostranti.

All’ombra del Palazzo Europa, sede del Consiglio europeo, i manifestanti hanno appiccato un rogo con cataste di legno e copertoni. Sulla pira laica è stata “immolata” la statua del meccanico Beaufort, risalente al 1872, che faceva parte di un complesso monumentale dedicato all’industriale belga-britannico John Cockerill. Al posto della scultura rimossa è stato collocato il manichino di un agricoltore. Un gesto simbolico, in nome delle rivendicazioni del settore.

La statua rimossa in Place du Luxembourg
Una protesta dalle molte ragioni

I motivi che guidano la rivolta degli agricoltori sono diversi, a seconda del Paese europeo. Si va dalle contestazioni tedesche contro il taglio ai sussidi sul carburante per i veicoli agricoli, un’iniziativa voluta da Scholz per pareggiare il bilancio 2024. Alle proteste in Francia per denunciare la concorrenza sleale di alcuni prodotti importati e richiedere stipendi più equi. Fino al malcontento italiano, o meglio coldirettiano, legato alla richiesta di una tutela del Made in Italy, oltre che all’abolizione dell’esenzione sull’Irpef voluto da Meloni.

Un punto, però, riguarda pressoché tutti: il fatto che le novità green introdotte dall’Unione Europea sono concepite come minaccia. Fiaccato dalle conseguenze della guerra in Ucraina (uno dei più grandi granai d’Europa), dall’inflazione e dagli effetti del cambiamento climatico, il settore ha percepito le misure del Politica agricola comune (PAC) come il colpo di grazia.

In particolare, una misura richiesta dall’Europa riguarda l’obbligo di lasciare “a maggese” il 4% dei terreni coltivabili, vale a dire destinare una quota dei campi a funzioni non produttive per restituire fertilità al suolo e aumentarne la biodiversità. Un’altra direttiva indigesta agli agricoltori riguarda la riduzione dell’uso dei fertilizzanti di almeno il 20%. Si aggiunge, inoltre, l’imposizione di eliminare i pesticidi dalle colture.

Queste e altre norme rientrano nel programma europeo finalizzato al raggiungimento della neutralità climatica nel 2050. La categoria degli agricoltori, però, lamenta la rigidità della regolamentazione di Bruxelles, a fronte di un mercato extra-europeo che non deve fare i conti con tali vincoli burocratici. A riguardo, negli ultimi giorni è emersa una forte critica all’avvio di accordi di scambio tra Unione Europea e Mercosur, un’alleanza commerciale tra Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. L’ingresso nel circuito europeo di prodotti dal Sudamerica, come la soia o la carne di manzo, risulterebbe una concorrenza sleale al mercato agricolo dei 27 Paesi.

I sostegni ricevuti dall’agricoltura in Europa

Per comprendere la fondatezza delle proteste è necessario fare un resoconto sui sostegni economici dell’Europa al settore dell’agricoltura. Fino poco tempo fa, gli aiuti assorbivano circa il 50% del bilancio europeo, percentuale oggi scesa intorno il 25%. Ma se si guarda il dato in valori assoluti, la quantità di fondi destinati al settore primario non è cambiata molto: circa 55 miliardi di euro all’anno. A questo si aggiunge la politica europea per difendere l’economia agricola comunitaria. Questa prevede dazi doganali sulle importazioni dall’estero, molto più competitive in termini di prezzo. Tuttavia, la politica dei dazi non può fare altro che ripercuotersi sulle tasche dei consumatori finali.

Nonostante il sostegno all’agricoltura assorba il 25% del bilancio comunitario, essa rappresenta soltanto l’1,4% del pil europeo e produce circa il 10,5% delle emissioni CO2 in Europa.

Tuttavia, gli aiuti al settore agricolo appaiono indispensabili. Esso è il più colpito dagli effetti del cambiamento climatico e dal conseguente aumento dei costi assicurativi. Si aggiungono la competitività delle importazioni dall’estero, la globalizzazione e le fluttuazioni della domanda e dell’offerta del mercato agricolo.

E le difficoltà in cui versa il settore sono ancora più evidenti se si esamina il reddito medio delle imprese agricole, spesso di piccole/medie dimensioni e a conduzione famigliare. Infatti, il loro reddito medio pro-capite è notevolmente al di sotto della media europea, circa il 64% del reddito di un lavoratore impiegato in un altro settore. Una percentuale in crescita, ma che rende ancora i lavoratori del settore agricolo una categoria “da proteggere”. Sono circa 6 milioni le aziende agricole che in tutta Europa beneficiano dei fondi all’agricoltura. Negli ultimi dieci anni, i sostegni al reddito hanno rappresentato, in media, quasi la metà del reddito degli agricoltori.

Reddito medio delle aziende agricole comparato al reddito medio di lavoratori impiegati in altri settori, in Europa
Le concessioni di Bruxelles

Le proteste dei trattori giunti a Bruxelles hanno portato qualche risultato. La Commissione europea ha messo in pausa le trattative per l’accordo di libero scambio con il mercato comune dell’America Latina, il Mercosur.

Ha inoltre deciso di rinnovare per un altro anno la sospensione dei dazi sulle esportazioni agricole ucraine verso l’Ue, includendo però un meccanismo di salvaguardia rafforzato. Si tratta di un controllo dei volumi di importazione e la possibilità che possano essere intraprese azioni correttive rapide in caso di perturbazioni del mercato. Il fine del meccanismo è quello di garantire che i volumi di importazione non superino quelli degli anni precedenti.

Anche la deroga sulla messa a riposo del 4% dei terreni coltivati può essere considerata tra le scelte prese dall’Ue volte a mitigare le proteste degli agricoltori. Il maggese potrà essere coltivato con piante non invasive, come piselli e lenticchie. Una deroga che, tuttavia, dovrà essere approvata dal Consiglio Ue.

Le proteste proseguono. Gli agricoltori chiedono più tutele e aiuti, ma le istituzioni europee non hanno mai perso di vista le loro necessità e le loro richieste. Guardando alle cifre stanziate nel bilancio pluriennale 2021-2027, su una dotazione complessiva di 1.200 miliardi di euro, 400 sono destinati all’agricoltura.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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