Avvocato UE alle grandi piattaforme: “Gli articoli dei giornali vanno pagati”

Nella lotta fra Davide e Golia anche questa volta il minuto Davide sembrerebbe averla spuntata. La vicenda non si è ancora conclusa ma le parole dell’Avvocato generale della Corte di giustizia europea, depositate nella giornata del 10 luglio, sembrano dare un importante supporto agli editori e alla stampa italiana. È dal 2022 che la società americana Meta, che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, combatte con il regolamento italiano Agcom. La normativa dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni imponeva le piattaforme online di corrispondere un equo compenso per la diffusione dei contenuti giornalistici sulla base dei ricavi pubblicitari.

La Corte è stata chiamata dal Tar del Lazio a pronunciarsi sulla compatibilità della normativa italiana di recepimento della direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale con i principi del diritto comunitario. Meta ha fatto ricorso davanti al Tar per chiedere l’annullamento della delibera Agcom, con la quale sono stati stabiliti i criteri per la determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online di contenuti giornalistici. In particolare è contestata la sua compatibilità con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Le conclusioni dell’avvocato generale

L’avvocato Maciej Szpunar dà ragione all’Italia. Nella sua “conclusione”, il documento finale con il quale l’Avvocato generale assiste la corte con pareri legali, sono evidenziati tre punti e una condizione. Il primo sottolinea che il diritto comunitario non ostacoli l’attribuzione agli editori di ottenere un equo corrispettivo per il diritto all’utilizzo dei loro scritti. E neppure stona con i principi del diritto comunitario imporre ai gestori digitali, che intendano utilizzare contenuti giornalistici altrui, obblighi in materia di trattative con gli editori, di divulgazione di informazioni e di buonafede negli accordi. Infine, non ci sono problemi per l’affidamento ad un ente pubblico del potere di regolamentazione, vigilanza e sanzionamento. Inclusa anche la possibilità di proporre criteri per determinare la remunerazione dovuta agli editori.

La condizione include sia editori che piattaforme web: le disposizioni nazionali non possono privare gli editori della possibilità di rifiutarsi di cedere i diritti per l’utilizzo dei contenuti o di concederli a titolo gratuito. Per quanto riguarda le piattaforme web non sono tenute a nessun pagamento in assenza di un collegamento con l’utilizzo effettivo dei contenuti giornalistici. Sempre nel rispetto delle libertà contrattuali.

La disputa fra editori e colossi del web potrebbe essere arrivata ad un momento di svolta. Sono ormai anni che piattaforme minacciano di bloccare la visualizzazione degli articoli. Loro sostengono di portare visibilità ai giornali e di conseguenza introiti pubblicitari agli editori. Le conclusioni dell’Avvocato generale danno sostegno alle nuove norme dell’Agcom. Le limitazioni introdotte non limitano la libertà di stampa, anzi la sostengono. La stabilità finanziaria della stampa e dell’editoria significa rafforzare anche la democrazia.

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