
Rodrigo Duterte, ex presidente delle Filippine, è stato arrestato a Manila il 10 marzo 2025, dopo l’emissione del mandato di cattura da parte della Corte Penale Internazionale (CPI). Duterte è accusato di crimini contro l’umanità per la “guerra della droga” intrapresa durante il suo mandato.
LA GUERRA DELLA DROGA
Appena sbarcato da un viaggio proveniente da Hong Kong, Duterte è stato arrestato dalla polizia filippina all’aeroporto di Manila. L’ormai 79enne, ex leader del paese, è stato subito dopo trasferito su un altro volo con destinazione Aia, nei Paesi Bassi, dove ha sede la CPI e dove verrà processato. L’accusa è quella di crimini contro l’umanità e fa riferimento alle dure politiche da lui adottate durante la presidenza dal 2016 al 2022. Si tratta della cosiddetta “guerra della droga”, la “battaglia” intrapresa da Duterte per combattere il traffico di droga nelle Filippine e riportare sicurezza e ordine nel paese. Secondo il governo filippino, l’operazione ha causato la morte di 6.248 persone, ma in realtà i gruppi per i diritti umani ne stimano almeno 30mila.

Si è trattato di una guerra non combattuta ad armi pari: la polizia aveva il permesso di effettuare incursioni nelle abitazioni senza mandati di perquisizione o di arresto, e di uccidere per strada tutti i sospettati di spaccio o tossicodipendenza. Scavalcando i processi giudiziari, hanno quindi ucciso senza accertare la colpevolezza delle vittime. Si tratta di esecuzioni in piena regola che hanno allarmato le organizzazioni per i diritti umani nazionali ed estere. Un rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato che le vittime erano soprattutto giovani uomini poveri, che spesso erano anche obbligati dalla polizia a rilasciare dichiarazioni autoincriminanti.
IL PASSATO DI DUTERTE

Nonostante questo, Duterte continua ad essere molto popolare nel paese, tanto che i suoi sostenitori definiscono illegale il suo arresto. La popolarità dell’ex leader è nata ben prima del 2016, grazie al suo operato come sindaco di Davao, città con 1,3 milioni di abitanti nel sud delle Filippine. Duterte è stato primo cittadino della città per 22 anni, anche se non consecutivamente (1988-98, 2001-10, 2013-16). In quel periodo aveva iniziato, in piccolo, quello che poi avrebbe fatto a livello nazionale con la guerra della droga, tanto da essere definito il “sindaco dello squadrone della morte”. L’espressione fa riferimento alle milizie civili attivate per uccidere i narcotrafficanti, i tossicodipendenti e chiunque venisse considerato un pericolo per l’ordine pubblico. Già in quegli anni comparvero le prime morti sospette, circa 700. Il soprannome è poi diventato “Il castigatore” durante la sua presidenza.
IL RUOLO DELLA CPI
La Corte Penale Internazionale è il principale tribunale con giurisdizione internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Proprio per sottrarsi al suo controllo, nel 2019 Duterte aveva ritirato il Paese dalla CPI. Questa procedura non ha fermato la Corte che nel 2021 ha aperto un’indagine sulle uccisioni di massa durante la guerra della droga. Nonostante l’amministrazione dell’ex leader abbia provato a sospendere l’indagine, i giudici d’appello hanno respinto la richiesta. Inoltre, le Filippine hanno continuato ad essere un membro dell’Interpol, ovvero l’Organizzazione Internazionale della polizia criminale, che ha contribuito all’arresto di Duterte.

Inizialmente le Filippine si erano rifiutate di collaborare con la CPI, anche perché tra l’attuale presidente Ferdinand Marcos Jr. e la figlia di Duterte c’erano buoni rapporti, dovuti ad alleanze politiche. Ma, dopo la rottura radicale dei contatti negli scorsi mesi, fatta di accuse reciproche e minacce di morte, il presidente ha invertito la rotta permettendo agli emissari della Corte di indagare sull’ex leader. Si attende ora il processo a suo carico.