«Stiamo rendendo la Russia ancora più grande in ogni continente – e l’Africa sempre più libera». Yevgeny Prigozhin prometteva grandi cose. «Giustizia e felicità per le nazioni africane». Il video, datato 22 agosto, è anche l’ultima volta che l’ex leader del gruppo armato Wagner è stato visto in vita. Due giorni più tardi, il letale incidente aereo. Con tutto il velo di oscurità e dubbio che porta con sé, visti i rapporti a dir poco tesi con Vladimir Putin.
La morte di Prigozhin ha causato un effetto a catena. E tra le conseguenze c’è anche una perdita di credibilità del gruppo agli occhi dei suoi datori di lavoro. Prima tra tutti la Repubblica Centrafricana, che starebbe valutando di interrompere la collaborazione in favore di un altro ‘garante della sicurezza’.
Le valutazioni della Repubblica Centrafricana
Nel continente africano, il governo di Bangui non è il solo a essere invischiato in affari con la Wagner. È, però, l’unico ad aver sviluppato una dipendenza quasi strutturale dai mercenari. Che la Repubblica Centrafricana stia valutando di abbandonare la strada della Wagner è un enorme campanello dall’arme per i piani alti di San Pietroburgo, dove il gruppo ha il suo quartier generale. Il timore che lo stato ombelicale del continente sia solo il primo di una lunga serie. E che l’Africa, fino a pochi mesi fa in loro pugno, si stia lentamente divincolando dalla presa.
Il Ministero della Difesa russo non ha mai nascosto la volontà di inglobare almeno in parte le operazioni e le attività in cui gli uomini di Prigozhin erano impegnati. In poche parole, una sorta di annessione indiretta di quelle zone con l’obiettivo di preservare l’influenza del gruppo. Al contempo sfruttando la profonda conoscenza del territorio che la Wagner ha sviluppato con gli anni.
«Il Cremlino non può sperare di rimpiazzarli e aspettarsi che le cose continuino a funzionare come prima», il commento del ricercatore John Lechner. Ma Mosca non sembra pensarla allo stesso modo. Vladislav Ilin, portavoce dell’Ambasciata russa a Bangui, ha ammesso che la Russia «è determinata a tornare attiva nel continente africano e a continuare il suo rapporto con la Repubblica Centrafricana».
Questa finestra di opportunità, apertasi con la morte di Prigozhin, può essere sfruttata anche da altri. Gli Stati Uniti hanno già offerto la loro assistenza nel campo della sicurezza. In cambio, secondo tre funzionari centrafricani, hanno chiesto al governo di allontanare i mercenari, ponendo fine al loro controllo delle zone. Il punto chiave su cui Washington avrebbe insistito è uno: la rivendicazione di indipendenza dalla Wagner.
Come riferisce il New York Times, l’agenzia privata americana Bancroft ha già incontrato alcuni rappresentanti del governo di Bangui. L’offerta è sul tavolo. E, come ha ammesso il consigliere per la sicurezza Fidèle Gouandijka, l’amministrazione locale ha circa un mese di tempo per comunicare al presidente Joe Biden se sono interessati alla collaborazione.
Non solo Stati Uniti e Russia
Il presidente centrafricano non ha limitato la ricerca di un nuovo partner a Mosca e Washington. Al contrario, avrebbe già avuto diversi colloqui con il presidente francese Emmanuel Macron. Una trattativa come le altre, se non fosse che la Francia ha avuto i controllo coloniale di quei territori fino al 1960. Touadèra ha però in mente di rinnovare il rapporto con lo stato europeo in ottica di una cooperazione in vari ‘affari civili’.
Una possibilità che non va controcorrente rispetto alle ultime decisioni di Parigi. In particolare quelle di diminuire la presenza dell’esercito negli ex possedimenti. Macron ha già comunicato che non fornirà truppe alla Repubblica Centrafricana. Aprendo però a un legittimo interrogativo: se nessuna forza alternativa alla Wagner riesce a fornire la lo stesso livello di sicurezza, per quale motivo Touadèra dovrebbe rinunciare ai mercenari? Per usare le parole di Sergei Eledinov, ex ufficiale russo: «È come uno zoppo che cammina con un bastone, e quel bastone è la Wagner».
Il rapporto Wagner-Bangui
La Wagner ha operato come braccio armato per il governo centrafricano fin dal 2017. Mantenimento dell’ordine pubblico, fornitura di armi e addestramento, campagne propagandistiche. Ma soprattutto la lotta contro organizzazioni ribelli, che le forze locali non sono in grado di portare avanti senza un aiuto esterno. In cambio, ricche concessioni minerarie per diamanti e oro. Al momento sono presenti oltre mille operativi nel Paese. Hanno aperto e finanziato una radio locale, Radio Lengo Songo, e producono birra e vodka che vengono poi vendute nei bar.
Fino a ora la narrazione interna al governo e alla stampa locale è stata tutta rose e fiori. Ma la situazione sta cambiando. «Ce l’hanno venduta come una partnership vantaggiosa per entrambi, ma a noi non ha dato molto», ha confessato un membro dell’esecutivo centrafricano. Accuse di stupri, torture, pestaggi, abusi e altre violazioni dei diritti umani. Da molti, soprattutto le vittime dei soprusi, sono considerati alla stregua di banditi. «Non sono angeli salvatori, si comportano come dei selvaggi», le dure parole dell’arcivescovo della capitale Dieudonné Nzapalainga. «Ma sono il minore dei mali».
Per Touaderà, che ancora sfrutta i mercenari come scorta personale, sarà difficile stracciare il contratto con il gruppo armato. Hanno salvato Bangui dai ribelli, sono i principali fautori dell’addestramento e ammodernamento delle forze locali. «L’Occidente vuole che noi ci liberiamo della Wagner, ma senza di loro avremmo problemi in 48 ore. Sono loro che tengono al sicuro le nostre campagne» è il commento di Robert Ngoki, presidente della Camera di Commercio centrafricana. «Nonostante tutto, sembra che i russi controllino ancora tutto».