Addio a Christo, l’artista che impacchettava gli oggetti

È morto a New York all’età di 84 anni l’artista bulgaro americano Christo Vladimirov Javacheff, conosciuto per le sue opere con cui confezionava i più celebri monumenti del mondo.

Per tutta la vita ha lavorato con la sua compagna Jeanne – Claude scomparsa nel 2009, formando una delle coppie più influenti della storia dell’arte, rimodulando il paesaggio urbano attraverso molteplici interventi.

Christo durante la realizzazione di Pont Neuf Wrapped a Parigi

Ma i loro lavori temporanei, caratterizzati da un netto gigantismo, coinvolgevano squadre di decine di persone, richiedendo anni di progettazione e attuazione in contesti specifici.

Artista da sempre avverso agli stereotipi rappresentativi, fin dagli inizi della sua carriere sviluppa un linguaggio personalissimo che tramuterà in uno spazio narrativo modellato da una sensibilità condivisa da tutti.

Wrapped Reichstag a Berlino (1972–95)

Nel 1958 l’intuizione: inizia a impacchettare oggetti. Successivamente nel 1960 aderisce al gruppo del nouveau réalisme fondato dal critico Pierre Restany nell’appartamento parigino di Yves Klein, quale risposta europea al movimento new dada americano.

Fra i fondatori artisti come Arman, lo stesso Yves Klein, Jean Tinguely e Daniel Spoerri, a cui si aggiunsero, Niki De SaintPhalle, Christo e Mimmo Rotella, artisti accomunati dalla trasformazione dell’oggetto d’uso, estratto dalla realtà quotidiana, come una “reliquia” della vita moderna da trasformare e persino distruggere.

Affascinato dall’opera di Man Ray l’Enigma di Isidore Ducasse (1920), Christo impacchetta oggetti sempre più grandi. Un processo di rappresentazione interamente basato sul “non vedo”, che si concentra su uno sviluppo ambientale dalle grandi proporzioni alterando lo spazio tempo ed evidenziando, attraverso l’occultamento, il “nuovo” oggetto.

Man Ray, L’Enigma di Isidore Ducasse, 1920

Una lettura, una variazione già presente internamente al monumento che Christo attiva con un contatto visivo straniante. La lezione dadaista dei maestri del primo novecento diventa per l’artista un mantra da enfatizzare su larga scala, e se la decontestualizzazione dell’oggetto è stato uno dei requisiti imprescindibili affinché il ready made diventasse un’opera d’arte, il suo impacchettamento delle strutture favorisce un vulnus prospettico che cambia il modo in cui lo spettatore guarda il paesaggio.

Avviene nel 1985 con Pont Neuf Wrapped a Parigi (1975–1985), ponte parigino simbolo della modernità ritratto da Pierre-Auguste Renoir; nel 1995 con Wrapped Reichstag a Berlino (1975-1995), in cui il Parlamento tedesco viene imballato e svilito del suo significato. Nel 2005, invece, al Central Park di New York crea un’installazione fatta di oltre settemila pannelli arancioni The Gates (1979–2005).

Christo e Jeanne-Claude, The Pont-Neuf-Wrapped, Paris (1975-85)

Ma l’opera che lo ha reso famoso al grande pubblico italiano è stata The Floating Piers (2014-2016). Con Floating Pearce, composta da passerelle galleggianti aperte al libero transito pedonale, costruita nel 2016 per ricongiungere idealmente le sponde del Lago d’Iseo, l’installazione diventa itinerario inesplorato che consente a un milione e 300mila visitatori di percorrere spazi impraticabili fino ad allora.

The Floating Piers, (2014-2016)

La scelta di indagare la Land art si tramuta in uno stimolo per la ricerca di soluzioni alternative che possano implementare le forme naturali: “questo è un progetto totalmente inutile, il mondo sarebbe andato avanti lo stesso anche senza – ha commentato Christo nei giorni dell’inaugurazione di Flaoting Pearce – ma è frutto della creatività umana”.

Un’esperienza estetica come stravolgimento radicale dello spazio e dell’alfabeto che compone gli elementi architettonici: un’idea che rimarrà oltre la sua scomparsa e che si tramuterà in un nuovo intervento sull’Arco di Trionfo a Parigi, L’Arc de Thriomphe, Wrapped, in programma per l’anno 2021.

 

 

Rino Terracciano

giornalista praticante e curatore d'arte. Scrive per Masterx-IULM. Ha lavorato e collaborato con Accademie e Istituzioni museali come Académie de France à Rome, Accademia di Francia in Roma, Villa Medici; Museo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese, Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch, Napoli.

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