Accuse di monopolio a Google, dovrà vendere Chrome

Dopo le numerose anticipazioni, arriva la certezza: il monopolio di Google sulle ricerche web deve essere smantellato. Il 20 novembre il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti (DoJ) ha presentato una richiesta di smembramento parziale affinché Alphabet, la casa madre di Google, venda il suo browser Chrome.

I numeri del dominio di Google

Chrome detiene il 66% del mercato globale dei browser (il 68% in Italia) e Google indirizza il 90% delle ricerche sul web a livello mondiale (il 94% in Italia). Secondo il giudice federale Amit Mehta –  che si occupa del caso – Alphabet avrebbe ottenuto un tale dominio tramite accordi illegittimi con Apple, Samsung e altri noti fornitori di tablet, pc e smartphone. I pm hanno quindi chiesto al giudice che Google interrompa i pagamenti a Apple, finalizzati a rendere Big G il motore di ricerca predefinito sui browser web.

Lo stop al monopolio

Prima fra tutte le proposte per contrastare questo monopolio è la vendita di Chrome. L’operazione, secondo Bloomberg, varrebbe circa 20 miliardi di dollari. Come riportato nel documento, «interromperà in modo permanente il controllo di Google su questo punto fondamentale di accesso alla ricerca e consentirà ai motori di ricerca rivali di usare il browser che per molti utenti è la porta d’accesso a Internet». Inoltre, si pensa al divieto per il colosso della tecnologia di rientrare nel mercato dei browser nei cinque anni successivi alla vendita di Chrome. Infine, Big G non potrà investire in aziende concorrenti, prodotti di intelligenza artificiale o tecnologie per la pubblicità online.

La sede di Bloomberg a New York
La sede di Bloomberg a New York
Le possibili conseguenze

Se il tutto dovesse andare in porto, cambierebbe radicalmente la ricerca su Internet. Gli esiti principali coinvolgerebbero non solo le abitudini web di miliardi di utenti in tutto il mondo, ma anche quelle delle aziende che hanno accordi per usare il motore di ricerca di Google come predefinito. Oltre alla cessione di Chrome, il DoJ e i funzionari statali hanno chiesto anche che Google Search venga separato dal sistema operativo mobile Android e dall’app store Google Play.

Una decisione di tale portata potrebbe, secondo Luther Lowe, «rimodellare significativamente il panorama competitivo a vantaggio della ‘piccola tecnologia’ riducendo il potere di controllo di Google». Sono tutte soluzioni che puntano a diminuire l’ormai incontrastato dominio del colosso web, al fine di garantire un vivace pluralismo di proposte all’interno del mondo online. Era dagli anni Novanta che non succedeva qualcosa di tale portata, da quando il governo americano aveva puntato il dito contro il monopolio di Microsoft.

Google risponde alle accuse

Google non ha tardato a rispondere, criticando con toni forti l’amministrazione uscente Biden. Kent Walker, capo dell’ufficio legale di Google, ha definito quest’ultima un’agenda «radicale e interventista, che danneggerebbe gli americani e la leadership tecnologica globale dell’America». Un commento così netto può essere giustificato solo dal fatto che l’azienda sa bene che il procedimento verrà chiuso dal nuovo governo Trump, molto più liberista circa le regole di mercato. Consapevole di questo, Google sta lavorando a delle proposte alternative, più blande di quelle attualmente ipotizzate, per risolvere la questione senza eccessivi sconvolgimenti sia per l’azienda stessa sia per i fruitori.

In collaborazione con Manuela Perrone

Giulia Spini

Laureata in Interpretariato, penso in inglese e in spagnolo ma parlo italiano. Appassionata di tutto ciò che riguarda la settima arte. Il mio sogno nel cassetto? Lavorare come giornalista di spettacolo.

No Comments Yet

Leave a Reply