28 gennaio 1986, la tragedia dello Shuttle Challenger

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A partire dagli anni 50′ l’umanità ha imparato a volgere gli occhi al cielo e non guardare più il firmamento con timore, ma con curiosità, con amore e con stupore. E’ stato il decennio in cui abbiamo rotto i limiti e raggiunto quello che per millenni era stato irraggiungibile, lo spazio. La sfida infinita tra URSS e USA per “la conquista dello spazio” ha regalato momenti indimenticabili, ma superare così tanto i limiti in un’era tecnologicamente poco sviluppata ha richiesto dei sacrifici sotto forma di incidenti e perdite di vite umane.

Uno dei casi rimasti più nel cuore e negli occhi di tutto il mondo è quello dello Space Shuttle Challenger. Il 1986 è stato un anno di rivoluzioni e tragedie, da Chernobyl, alla diffusione del primo virus informatico, da Maradona che conquista il mondo in Messico a Sidney Pollock e il suo meraviglioso “La Mia Africa”.

La navetta utilizzata, il Challenger, entrò in funzione nel 1983 e fu l’erede diretta del primo famosissimo Shuttle della storia, Columbia, che nel 2003 subì lo stesso assurdo destino.

Sono le 11.38 del 28 gennaio 1986 e tutto accade in 7 secondi. Una piccola guarnizione, nota come O-ring, subisce un guasto e provoca la fuoriuscita di fiamme da uno dei razzi propulsori: la temperatura del fuoco è altissima e in un attimo causa il cedimento strutturale di un serbatoio contenente idrogeno e ossigeno. Lo Shuttle a causa di ciò vira immediatamente dalla sua traiettoria diventando del tutto incontrollabile e viene distrutto dalle forze aerodinamiche: la capsula contenente l’equipaggio si schianta nell’Oceano 2 minuti e 45 secondi dopo, ma nessuno dei sette astronauti giunge cosciente all’impatto a causa della perdita di pressione nella cabina.

L’incidente, tramesso in diretta mondiale dalla CNN, ebbe un impatto devastante sul programma Space Shuttle che venne sospeso per due anni, tornando in funzione solo nel 1988. Il presidente Ronald Reagan istituì immediatamente una commissione d’indagine e fu svelato che il guasto dell’O-Ring (di gomma) fu dovuto alle bassissime temperature  che ne annullarono le proprietà elastiche rendendolo sostanzialmente inutile.

L’O-ring, piccola guarnizione in gomma il cui guasto provocò il disastro del Challenger

 

Lo stesso presidente Reagan parlò subito alla nazione, e salutò i sette coraggiosi astronauti utilizzando una citazione del poema High Flight di John Gillespie Magee:

«Non li dimenticheremo mai, né l’ultima volta che li vedemmo, questa mattina, mentre si preparavano per il loro viaggio, salutavano e “fuggivano dalla scontrosa superficie della Terra” per “sfiorare il volto di Dio”.»

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Equipaggio dello Space Shuttle Challenger nella sua ultima missione

Gli Space Shuttle continuarono le loro missioni e la loro vita ben oltre il disastro del Challenger, fino al 2011, quando l’intero programma venne chiuso. Otto anni prima dell’abbandono delle operazioni lo Space Shuttle Columbia andò distrutto in un altro incidente in cui morirono ancora 6 astronauti: la navicella era alla sua ventottesima missione e completò 4808 orbite attorno alla Terra durante la sua vita, ed era operativo dal 1981, anno del suo primo volo orbitale.

La chiusura del programma fu principalmente legata a due criticità all’epoca irrisolvibili: la sicurezza e i costi. L’idea di Richard Nixon, il vero promotore del programma Space Shuttle, era quella di avere letteralmente un aereo spaziale capace di fare avanti e indietro con un volo almeno alla settimana per costruire la Stazione Spaziale Freedom. Anni dopo è possibile affermare che le pretese di Nixon si rivelarono folli: il programma Freedom venne abbandonato e i veri sviluppi nel costruire la ISS (Stazione spaziale Internazionale) giunsero solo dopo il 1989. Cosa accadde nel 1989? Cadde il muro di Berlino e iniziò la collaborazione spaziale tra Usa e Russia. I costi, altra enorme criticità dello programma SShuttle furono stimati in circa 1.5 miliardi di dollari a volo, per un totale in 34 anni di 200 miliardi di spesa.

L’uomo è rimasto comunque nello spazio grazie alla collaborazione mondiale di tutte le nazioni interessate (19 per ora), oggi esiste una vera stazione proprietà dell’umanità ed è in programma la sua dismissione tra il 2024 e il 2028. Quando la ISS andrà in pensione è già in programma la costruzione di una nuova stazione.

Lo Shuttle è stato un grande sogno e una grande utopia, in cui l’uomo ha provato a rendere reale l’impossibile. Per un breve periodo ci è riuscito, prima di provare a volare troppo in alto e bruciarsi le ali come Icaro. Ma attraverso altre strade ed altre operazioni la conquista dello spazio rimane IL sogno per eccellenza e sarà inseguito probabilmente per sempre.

 

 

Umberto Maria Porreca

Sono volato dalla più profonda costa Abruzzese a Milano col sogno del giornalismo sportivo nel cassetto e poche certezze nelle tasche e nella testa. Mio padre mi voleva ingegnere, ma la matematica non sarà mai il mio mestiere. Amante della musica italiana e del buon cibo da ovunque esso provenga, ho scritto per due anni per il settimanale di calcio giovanile lombardo/piemontese Sprint&Sport e ho collaborato con The Shot, testata di basket. Lo sport (parlato, non praticato) è il mio pane e la mia vita è stata profondamente influenzata da Andriy Shevchenko. Inseguo il mio sogno sulle note di Fabrizio De Andrè.

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