A Milano l’occupazione del giardino centrale dell’Università Statale è partita venerdì 10 maggio. All’acampada pro Palestina hanno aderito diverse decine di studenti e studentesse, ma anche membri di gruppi esterni all’Ateneo. Per la verità, come racconta Martina, una ragazza che studia Scienze Politiche alla Statale e che svolge la mansione di ufficio stampa della manifestazione, gli organizzatori dell’evento di protesta sono i “Giovani Palestinesi” italiani. Accanto a loro, hanno preso parte all’acampada diverse organizzazioni che negli ultimi mesi si sono mobilitate per chiedere la condanna del genocidio perpetrato da Israele. Ci sono centri sociali, come “Rebelot” e “Cantiere”, gruppi politici, come “Fronte della Gioventù Comunista” e “Cambiare Rotta”, e liste universitarie, come “Studenti Indipendenti”.
Martina ha spiegato poi i motivi connessi alla protesta. «Abbiamo occupato il cortile centrale dell’Ateneo perché vogliamo che vengano rescissi i contratti che esistono tra la nostra Università e Israele. Contratti che, in qualche modo, legittimano quello che è un genocidio attualmente in corso. In particolare, ci stiamo mobilitando contro un accordo che esiste con la Reichmann University, che sorge in territorio israeliano».
Non solo. «Noi vogliamo la rescissione degli accordi con l’industria bellica. Nello specifico, ci opponiamo alla presenza della “Fondazione Med-Or” nella nostra Università. Med-or è una fondazione culturale di Leonardo e nella nostra Università esiste nella misura in cui un professore che insegna nella facoltà di Scienze Politiche figura all’interno di un suo comitato.
E infine l’attacco a Eni. «Ci opponiamo al fatto che Eni sia uno dei principali finanziatori della Statale. Eni è tra i responsabili di disastri ambientali in giro per il mondo e si lega a quelli che sono gli interessi imperialisti del governo italiano. A Eni viene concessa l’esplorazione di bacini di gas naturale a largo delle coste del Libano e della Palestina».
Le manifestazioni nel resto del mondo
Dopo le proteste pro Gaza nei college statunitensi, le mobilitazioni si sono allargate alle università europee, tra Parigi, Berlino e Amsterdam e, negli ultimi giorni, anche in quelle spagnole e italiane. Oltreoceano le manifestazioni sono state sedate con vere e proprie repressioni, ma anche nelle capitali nord europee i governi hanno scelto di usare il pugno duro.
Dopo i violenti scontri all’università di Amsterdam occupata dai manifestanti pro-Palestina, la polizia olandese ha rimosso il blocco e sloggiato chi si era chiuso nelle tende. pic.twitter.com/vqO22xHyOr
— Leonardo Panetta (@LeonardoPanetta) May 7, 2024
Ciò non è avvenuto in Spagna e in Italia, dove invece si è scelta la strada della tolleranza. Richiesta comune dei manifestanti lo stop agli accordi con le università israeliane e l’immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.
La linea morbida del governo spagnolo e la tolleranza italiana
Il governo spagnolo si è persino detto «orgoglioso» della manifestazione degli studenti. Secondo la ministra dell’Università spagnola Diana Morant gli studenti che si stanno mobilitando «esercitano il loro pensiero critico e lo trasmettono alla società» e ha aggiunto che gli atenei non sono solo spazi di formazione accademica, ma anche di formazione del pensiero».
Nei confronti delle mobilitazioni, nei mesi scorsi il governo italiano non ha avuto una linea morbida come quello spagnolo. Tra fermi di manifestanti, repressioni (come a Pisa) e servizi d’ordine intensificati, per il momento non è avvenuto lo stesso verso l’ultima mobilitazione pro Gaza, con la protesta delle tende nelle università italiane.
Dove sono partite le tende
La protesta delle tende è partita all’Università di Bologna, dove il 5 maggio gli studenti dell’ateneo e i Giovani Palestinesi hanno preso possesso degli spazi davanti la facoltà di Economia, in Piazza Scaravilli. «Questa mobilitazione spero possa estendersi a tante altre realtà» ha detto l’attivista Patrick Zaki, giunto sul posto tre giorni dopo l’inizio del sit-in. Finora sono una cinquantina le tende piantate, formando una sorta di campo rinominato dagli stessi manifestanti ‘Gaza Solidarity Encampment’.
Il giorno dopo, il 6 maggio, la protesta ha toccato la Sapienza di Roma. Anche nella capitale una cinquantina di tende hanno occupato pratone centrale dell’università. Nella notte tra domenica 12 e lunedì 13 maggio i muri del campus sono stati imbrattati con alcune scritte pro Palestina e alcune serrature delle porte del rettorato sono state vandalizzate con del silicone.
Una protesta che si è estesa ad altre università italiane. Dopo Bologna, Roma e Milano, le tende e le bandiere palestinesi sono comparse anche alle università di Padova, Torino, Trento, Siena e Pisa.
Occhi puntati sul 15 maggio
Il 15 maggio è l’anniversario della Nakba, dall’arabo letteralmente “il disastro” o “la catastrofe”. Si tratta dell’esodo forzato di circa 700mila arabi palestinesi a seguito della formazione dello stato di Israele. La protesta delle tende volge lo sguardo a questa data, e stando a quanto è stato detto, potrebbe essere la giornata in cui le varie “acampade” termineranno.