«Siamo stati urtati, ho sentito come una spinta violenta e siamo volati via». Queste le parole, durante l’interrogatorio di giovedì 12 dicembre davanti al gip Marta Pollicino, di Fares Bouzidi, il ventiduenne di origini tunisine che era alla guida dello scooter sul quale si trovava anche Ramy Elgaml, il diciannovenne di origini egiziane morto nell’incidente dello scorso 24 novembre all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, nel quartiere Corvetto di Milano.
La vicenda
Nella notte tra il 23 e il 24 novembre un auto dei carabinieri ha tallonato il T-Max con a bordo Bouzidi e Elgaml, per otto chilometri in giro per Milano. L’autista dello scooter non si sarebbe fermato all’alt dei carabinieri e avrebbe continuato la fuga, terminata tragicamente al Corvetto con l’incidente che ha portato alla morte di Elgaml e il ferimento grave di Bouzidi. La procura di Milano ha aperto un’inchiesta per capire se tra i due mezzi ci sia stato un impatto. Nel caso, i carabinieri coinvolti sarebbero responsabili della morte del ragazzo.
Versioni contrastanti
L’interrogatorio a Bouzidi si è tenuto a oltre due settimane di distanza dall’incidente perché il ragazzo era ancora convalescente in ospedale. Bouzidi è arrivato al settimo piano del Palazzo di Giustizia in stampelle. Una volta in aula, ha raccontato che l’auto dei carabinieri avrebbe toccato il suo motorino, speronandolo e facendolo sbandare. «Non ho perso io il controllo, ho sentito questa botta, questo urto, questa spinta da dietro, poi siamo volati, questo mi ricordo e mi ricordo di essermi svegliato, poi, in ospedale», ha dichiarato.
Nel loro verbale, i carabinieri avevano invece scritto che i due ragazzi erano scivolati. Ora è al vaglio la posizione di tutti e sei i carabinieri coinvolti, tra cui il vicebrigadiere alla guida della gazzella che potrebbe aver urtato, durante l’inseguimento, la moto.
Il supertestimone
Nel corso delle indagini è spuntato un supertestimone che avrebbe filmato il momento dell’impatto tra l’auto dei carabinieri e la moto. Ma poi, stando alla sua versione: «due carabinieri in divisa sono venuti vicino a me, mi hanno fatto una foto al documento e mi hanno detto “cancella immediatamente il video, adesso ti becchi anche una denuncia».
Ora la versione dei due militari che avrebbero fatto cancellare il video, sono stati iscritti nell’elenco degli indagati per favoreggiamento personale o depistaggio. Nei prossimi giorni verranno sentiti dall’autorità giudiziaria e per il momento non sono stati sospesi.
In queste settimane, il telefono del supertestimone è passato di mano in mano più volte e ora è stato sequestrato dagli inquirenti.