Smash Repression torna a occupare le strade di Milano a un anno dalla sua fondazione. Si tratta di un movimento antifascista, transfemminista, antirazzista e anticapitalista che, in diverse città italiane, organizza Street Rave Parade, ovvero manifestazioni itineranti di denuncia sociale con il favore della musica tekno.
Nel pomeriggio di sabato 16 dicembre, il movimento ha attirato centinaia di giovani in un corteo che si è esteso da Romolo a Piazza Axum. Il collettivo, nato in seguito all’emanazione del decreto anti-rave dello scorso dicembre, si propone di manifestare contro ogni forma di repressione e ingiustizia, in maniera non violenta.
Alle origini del movimento
Il movimento non si limita ad osteggiare pacificamente la legge che vieta i rave party di grandi dimensioni. Ma, come si legge nel manifesto di Smash Repression, si oppone a chiunque «va a colpire tutte le forme e gli spazi di socialità libera e autodeterminata, continuando a uccidere i migranti in mare e farlo nelle carceri, e giocando sulla pelle delle persone non etero cis».
La battaglia sociale, dunque, ha più fronti aperti. E ha per bersaglio principale il governo Meloni che, a detta di alcuni presenti intervistati, limita la libertà di chi non la pensa allo stesso modo dell’esecutivo. A partire dal decreto anti-rave di fine 2022, passando per i decreti su migranti e detenuti, fino alla criticata politica in tema di diritti civili.
Ragazzi e ragazze ritengono che questo evento possa avere una rilevanza sia sociale che politica. Matteo, uno dei ragazzi presenti, interrompe per un attimo il suo ballo e ci espone le ragioni della sua presenza alla Parade: «Sono qua per manifestare, farmi sentire e far capire che è mio diritto fare quello che preferisco nei limiti del rispetto degli altri».
Un corteo di denuncia
Alla marcia di questo pomeriggio hanno partecipato centinaia di giovani, sia maggiorenni che minorenni. Camion con potenti bassi hanno risuonato per quasi 6 chilometri lungo le vie della città. Una bandiera della Palestina recante la scritta “Stop genocide” è stata collocata sul retro del furgone in coda al corteo.
Esibita, dunque, anche la posizione del collettivo in merito al conflitto in Medio Oriente. «Basta a questa guerra inutile», commenta Elena ai nostri microfoni. E anche Ambrogio: «Il mio essere qua non centra solo con la musica. C’è anche un motivo politico».
A cura di Alessandro Dowlatshahi