Claustrofobico, crudo, esistenziale. Lo Zoo Di Vetro è il capolavoro di Tennessee Wiliams, celebre drammaturgo statunitense del ‘900. Che torna al Teatro Carcano fino al 9 marzo sotto la regia di Pier Luigi Pizzi. Quattro i personaggi in scena: una mamma, Amanda, coi suoi due figli. Il maschio Tom e la femmina Laura. Entrambi adolescenti. E poi un amico del figlio, Jim, che viene invitato a cena da Amanda per presentargli Laura. Nella speranza che tra i due nasca l’amore. Il dramma in scena al Carcano fa pensare a cose della vita che vorremmo ignorare, e convince il pubblico in sala con un’esperienza che pare, quasi, cinematografica.
La trama

Ambientato negli ultimi anni ’30, quando i sogni infranti e le illusioni definiscono il destino dei più, lo spettacolo racconta le vicende della famiglia Wingfield. Amanda è una donna apparentemente triste, abbandonata da tempo dal marito. Che cerca con apprensione e timori di proteggere il futuro dei suoi due figli, in modo quasi ossessivo. Tom è il figlio più grande, giovane operaio e poeta in erba, che si scontra con il peso di un’esistenza monotona e con la morbosa presenza materna.
E poi Laura, molto timida e “zoppa” a causa di un problema fisico. Che vive immersa tra i vecchi dischi del padre e la cura minuziosa della sua collezione di animaletti in vetro. Amanda teme che la figlia possa, in futuro, rimanere “zitella”. E chiede quindi a Tom di invitare a cena un ragazzo che possa fare al caso di Laura, per assicurarle un futuro stabile e il più sereno possibile.
Il cast e la produzione

Sul palco, a guidare il viaggio interiore dei personaggi c’è Mariangela D’Abbraccio, nei panni di Amanda. Che regala una performance ad alto carico emotivo, con una drammaticità urlata ma ben misurata. Gabriele Anagni, come Tom, che è sia narratore sia uno dei personaggi protagonisti, e che fa da filo rosso dall’apertura del sipario sino al soliloquio finale. Elisabetta Marra, che interpreta la tenera Laura, e porta in scena le fatiche e i disagi giovanili, attualissimi oggi.
E infine Pavel Zelinsky, che nell’opera è Jim. Il cui personaggio sembra quasi una metafora della realtà. Una sorta di espediente che irrompe nell’abitazione claustrofobica e costrittiva della famiglia Wingfield. Jim che è dolce con Laura, Jim che non vede in lei nulla di male, e neanche un po’ di quella stranezza che – probabilmente senza malizia – la madre Amanda dipinge addosso alla figlia.

La produzione è firmata dal Teatro Stabile del Veneto insieme a Best Live. Arricchita dalla regia, dalle scenografie e dai costumi del già citato Pier Luigi Pizzi. La traduzione è di Gerardo Guerrieri, le musiche originali sono di Stefano Mainetti e l’illuminazione è studiata da Pietro Sperduti. Lo Zoo Di Vetro non invecchia, e regala anche con questa versione cento minuti di spettacolo dolce, reale e fortemente malinconico.