Milano, maestro d’asilo agli arresti domiciliari dopo violenze su bambini

Nel comune di Pero, nel nord-ovest di Milano, un maestro d’asilo è stato messo agli arresti domiciliari perché responsabile di 42 episodi di violenza contro bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni. L’indagine, che durava da circa un mese, è stata portata avanti dai carabinieri che hanno piazzato telecamere in tutta la scuola.

Nelle immagini, che incastrano il 60enne italiano, si vede chiaramente l’uomo strattonare i bambini colpendoli con calci, schiaffi, sculacciate. E poi le urla:  «Hai finito?!?» sbraitando contro un bambino che ancora non stava dormendo durante il riposino pomeridiano, «Il papà te lo do io!» ad un altro terrorizzato che chiedeva dei genitori e infine «Via di qua! Sciò!» gridando ad un gruppetto di bambini che giocavano nei pressi della cattedra. Il tutto, condito dal pianto disperato dei piccoli.

Altre immagini invece ritraggono il maestro tirare giù i bambini dai loro lettini prendendoli di peso, mentre in un altro frame si vedono i bimbi seduti a terra in cerchio e l’uomo che dà calci alla testa a uno di loro. È però grazie a queste immagini che gli investigatori hanno ottenuto un’ordinanza di custodia cautelare dal Gip del tribunale di Milano perfezionando l’arresto dell’uomo stamattina. Il braccio rotto di un bambino di tre anni e mezzo ha convinto la madre a far avviare le indagini dei carabinieri.

Non è la prima volta che si sentono storie del genere: i maltrattamenti dei maestri d’asilo sui più piccoli sono notizie ormai tristemente note. Ad Alessandria solo due mesi fa due insegnanti di 42 e 46 anni sono state sospese dal servizio dopo aver maltrattato otto bimbi tra i tre e i cinque anni. Negli stessi giorni, per l’appunto, casi simili anche a Roma, con cinque maestre dell’asilo ‘Papero Giallo’ sospese, e a Reggio Emilia dove una donna di 56 anni è accusata di violenze su sette bambini di 4 anni.

 

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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