Il gip del Tribunale di Bari ha convalidato il fermo del 20enne somalo arrestato lo scorso 13 dicembre nel capoluogo pugliese. L’accusa è quella di associazionismo con finalità terroristiche, istigazione e apologia del terrorismo.
Mohsin Ibrahim Omar, noto come Anas Khalil, è ritenuto dalle agenzie per la sicurezza Aisi e Aise affiliato all’Isis in Somalia e in contatto con una sua cellula operativa. Questo è ciò che è emerso in seguito alle indagini della Digos della Questura di Bari, coordinate dalla Dda con il supporto dell’Aisi e dell’Fbi. «L’urgenza di eseguire il provvedimento restrittivo», spiegano gli investigatori, «è stata dettata dai riferimenti all’elaborazione di possibili progettualità ostili, in relazione alle imminenti festività natalizie e alle chiese, in quando luoghi frequentati solo da cristiani».
In una delle tante intercettazioni in mano alla Dda di Bari, il giovane somalo parlava di voler colpire i luoghi simbolo della fede cristiana e, stando agli elementi emersi dalle indagini, nelle scorse settimane tracciava la distanza tra la Puglia e Roma. Con il suo interlocutore, infatti, parlava frequentemente del numero 27, forse ad indicare la data in cui si sarebbe recato nella Capitale.
Su Facebook inoltre il giovane avrebbe diffuso foto e post di esaltazione al martirio. Sono stati raccolti, infatti, elementi relativi all’attività di «intenso indottrinamento su un altro straniero in corso di identificazione, al quale», dicono gli investigatori, «impartiva vere e proprie istruzioni teorico-operative sul concetto di jihad armato».
Sabato mattina, assistito da un legale di fiducia e da un interprete, Khalil ha subito un interrogatorio in carcere. Per circa due ore ha risposto alle domande del giudice e del pm della Dda di Bari Giuseppe Maralfa, dicendo: «se Dio vuole, bisogna ammazzare».
(m.s.)