Per l’intera giornata di lunedì 18 dicembre incrociano le braccia medici, operatori del servizio sanitario nazionale e veterinari. A rischio 25mila interventi chirurgici programmati, i percorsi prechirurgici e tutte le prestazioni differibili. Si fermano anche alle prestazioni psicologiche nei consultori, nelle neuropsichiatrie infantili e nei centri di salute mentale.
In sciopero anche circa il 70% dei veterinari. Lo stop ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali mette a rischio la produzione di carni e salumi, in un periodo in cui i consumi alimentari solitamente sono in aumento.
La protesta dei sanitari
Si sono svolti diversi sit-in e un presidio davanti al Ministero della Sanità. «Il nostro non è uno sciopero temerario, come invece in queste ore ha incredibilmente affermato qualcuno» dichiarano le sigle sindacali aderenti Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl Medici. E aggiungono: «chiediamo scusa ai cittadini, ma dobbiamo difendere la sanità pubblica».
Le motivazioni dello sciopero
La richiesta è di maggiori risorse in legge di bilancio per nuove assunzioni, per la stabilizzazione dei precari e maggiori tutele per il settore. Il Governo aveva proposto di tagliare le pensioni di anzianità e di volere estendere l’età pensionabile da 70 a 72 anni per i medici, dipendenti di enti locali, insegnanti e ufficiali giudiziari.
La motivazione alla base della discussione, fornita dal Ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, è che si tratta di una «esigenza oggettiva» dettata, come per i medici di famiglia, da «una carenza di medici sul territorio notevole». Tuttavia, dopo la seduta notturna della Commissione Bilancio del Senato, all’alba è arrivato il dietrofront.
Quante sono le sale operatorie chiuse
Le sale operatorie fermate oggi in Calabria sono 51 su 53, oltre il 96%, pur garantendo le urgenze. In Emilia-Romagna restano ferme 171 sale operatorie su 208, circa l’82% del totale. Questi i dati forniti dai segretari regionali dei quattro sindacati aderenti allo sciopero.
«Sono numeri che fanno paura e se chiedete se siamo contenti rispondiamo di no» dichiara Matteo Nicolini, presidente regionale di Aaroi-Emac. E aggiunge: «ma noi protestiamo perché rimanere passivi e zitti di fronte al continuo sgretolamento del Servizio sanitario nazionale ci renderebbe complici. La manovra finanziaria in discussione è l’ennesima prova del non voler investire in sanità pubblica e negli operatori che vi lavorano».
Di Tommaso Ponzi