Orale della maturità? No grazie. Dal Veneto arriva un messaggio sempre più forte: tanti i giovani maturandi che, raggiunto i crediti necessari con gli scritti, si rifiutano di sostenere la prova orale. Il motivo di questa “protesta” sarebbe da ricondurre a un sistema d’istruzione e di valutazione ritenuto dagli studenti non adeguato e mentre il ministro Valditara minaccia ripercussioni, cresce il numero degli studenti che si ribellano.
Dal Veneto la tendenza a non fare l’orale
Sono già tre gli studenti che – al momento in cui scriviamo – si sono rifiutati di sostenere la prova orale, in quanto la somma tra i crediti ottenuti nel triennio e le valutazioni delle due prove scritte risultava comunque superiore ai 60/100, quindi sufficiente per ottenere il diploma.
“Ho provato a seguire le regole, ad affrontare la scuola come gli altri, ma non mi sono sentito a mio agio” ha dichiarato uno degli studenti che ha saltato l’orale, in risposta al ministro Valditara, che aveva minacciato provvedimenti chiari e intransigenti: chi boicotta l’esame facendo scena muta, verrà bocciato.

A partire dal prossimo anno scolastico, entreranno in vigore le nuove disposizioni previste per la maturità, come annunciato dallo stesso ministro: «Comportamenti di questo tipo non saranno più possibili. Se un ragazzo non si presenta all’orale, oppure volontariamente decide di non rispondere alle domande dei suoi docenti, non perché non è preparato – cosa che può capitare – ma perché vuole non collaborare e quindi boicottare l’esame, dovrà ripetere l’anno».
L’orale come parte integrante della valutazione
Prima uno studente di liceo a Padova, poi una studentessa di Belluno e infine, dal classico di Treviso, l’ennesima segnalazione. Sulla vicenda è intervenuta anche l’associazione “Rete Studenti Medi” del Veneto, che ha preso una netta posizione in una nota: “Siamo di fronte all’ennesima riforma volta a punire ogni forma di dissenso verso il sistema scolastico, trasformando di fatto i luoghi del sapere secondo il paradigma dell’obbedienza e della repressione, in piena armonia con le misure securitarie e repressive adottate dal governo Meloni su tutti i fronti. Questi studenti hanno dato voce a ciò che noi denunciamo da anni: la ‘scuola del merito’ voluta da questo Governo è un fallimento. È un sistema che ci schiaccia, che riduce le nostre vite a un numero, a un voto”.

Una protesta che solleva grandi perplessità: se da un lato studenti e docenti hanno espresso solidarietà ai tre maturandi, dall’altro c’è chi sottolinea come la prova orale non sia affatto un semplice passaggio formale dell’esame di maturità. Al contrario, essa rappresenta una componente fondamentale della valutazione complessiva, in quanto non solo verifica le competenze acquisite durante il percorso di studi, ma permette anche di valutare la capacità dello studente di argomentare, esprimersi in modo chiaro, utilizzare un linguaggio appropriato e sviluppare un pensiero critico. Il confine tra atto di protesta e rifiuto del confronto, quindi, appare molto sottile
Le parole di uno studente
“Non mi sarei mai aspettato tutto questo dibattito, anche perché non sono di certo stato il primo a rifiutare l’orale di maturità: anche lo scorso anno, a Venezia, tre ragazze si erano rifiutate” racconta uno dei tre studenti, dicendosi poi sconcertato dalle parole del ministro Valditara e dispiaciuto per il fatto che la preside della sua scuola lo abbia etichettato come uno sfaticato.

“Nessuno vuole mettersi in discussione. Sono deluso da chi dovrebbe guidarci, dagli adulti e dal fatto che la scuola sia diventata un luogo in cui si trasmettono solo nozioni. C’è molto su cui riflettere”.
Lo studente conclude con un parallelismo tra scuola e sport: nello sport esiste una competizione sana tra pari che si stimano e si sostengono a vicenda – come accade, ad esempio, nel rugby – mentre tra i banchi di scuola la competizione finisce per condannare gli studenti, impedendo loro di sostenersi reciprocamente. “Chi andava meglio a scuola e chi otteneva risultati superiori screditava gli altri. Se i ragazzi si comportano così, è colpa delle istituzioni e degli insegnamenti che ci vengono impartiti”.