La Corte Costituzionale contro «la concezione patriarcale della famiglia»

 Il cognome del padre è «il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» e di «una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna». Così la Corte costituzionale, nell’Ordinanza 18/2021, depositata venerdì 12 febbraio, è intervenuta nuovamente sul sistema di attribuzione del cognome ai figli.

Già nel 2016, attraverso una sentenza, era stata definita di fatto la possibilità di attribuire il cognome della madre ai figli nati nel matrimonio. Ciò che cambia oggi è la motivazione di questa scelta giuridica. I giudici, infatti, citano se stessi e criticano il meccanismo patriarcale che non aveva permesso, fino a questo momento, di definire la libertà di attribuzione. L’ottica primaria è quella di stabilire e riconfermare l’equilibrio di eguaglianza tra uomo e donna, ma anche, di parità nel ruolo genitoriale.

Il caso del Tribunale di Bolzano

Il nodo è venuto al pettine nel Tribunale di Bolzano, che ha chiesto di dichiarare incostituzionale la norma prevista dall’articolo 262 del Codice Civile. Tale passaggio non prevedeva la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno, neanche nei casi di accordo di entrambi i genitori. Questa preclusione, come sottolineato dalla Corte Costituzionale, non solo è in contrasto con la tutela dell’identità personale (art. 2 della Costituzione) ma anche sotto il profilo dell’uguaglianza di genere, tutelato dall’art.3.

Il Tribunale di Bolzano era intervenuto al fine di ottenere la rettificazione dell’atto di nascita di una bambina. I genitori, non uniti in matrimonio, hanno concordemente voluto attribuire il solo cognome materno, confermando tale volontà anche dinanzi al giudice che ha presentato il caso alla Corte Costituzionale.

Partire dalle basi

Intervenire alle radici per proporre una lettura del presente: questo è ciò che rappresenta l’Ordinanza presentata dalla Corte venerdì 12 febbraio. La volontà di estendere la questione a tutto il sistema italiano di attribuzione del cognome, sottolinea la necessità di intervenire sulle basi delle nostre usanze e conformità, ma anche di saper interpretare i cambiamenti che tempo e società portano con sé. 

Viola Francini

Di sangue toscano, vivo a Milano da 4 anni e sogno il giornalismo da quando ne avevo 9. Innamorata dell’arte in tutte le sue forme, guardo il mondo con il filtro della poesia sugli occhi. Mi piace raccontare la cultura, quella che parla di società e realtà umane. Laureata in Linguaggi dei Media all'Università Cattolica, ho collaborato con la redazione NewsMediaset e scrivo per MasterX come giornalista praticante.

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