Dal fallimento della Lehman Brothers al 2016 in Italia sono nati 100 mila bambini in meno. Lo rivela l’Istat nel rapporto su natalità e fecondità pubblicato oggi. La crisi economica del 2008, ha scatenato un crollo demografico dovuto alla diminuzione delle nascite da coppie di genitori italiani, proprio perché, a partire da quegli anni, sono diminuiti in gran numero anche i matrimoni.
Prima conseguenza: i primogeniti, dal 2008 al 2016, sono in calo del 20%. Sempre nello scorso anno sono nati 473.438 neonati, oltre 12 mila in meno rispetto al 2015. Le ragioni di questo crollo, avviatosi nel 2008, sono riconducibili – secondo gli esperti Istat – a due fattori: “Le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli”.
Aumenta il numero di donne senza figli, ma anche di quelle con solo un bimbo. Osservando le generazioni, il numero di figli per donna nel nostro Paese continua a decrescere senza arresto. Si va dai 2,5 figli delle madri nate nei primi anni venti, ai 2 figli per donna delle generazioni del dopoguerra, fino ad arrivare a 1,44 figli per quelle del 1976.
Se il calo demografico è attribuibile principalmente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani – sempre secondo l’Istat – le donne rumene si confermano al primo posto per numero di figli all’anagrafe (con 19.147 nati nel 2016), seguite da marocchine (11.657) e albanesi (8.961), che coprono il 42, 7% delle nascite da madri straniere residenti in Italia.
La distribuzione delle cittadinanze dei genitori per tipologia di coppia – riporta l’Istat – rivela una forte propensione delle comunità magrebine, cinesi e in generale di quelle asiatiche e africane, a mettere su famiglia tra concittadini. Differentemente, invece, dalle donne ucraine, polacche, moldave, russe e cubane che tendono ad avere figli maggiormente con partner italiani che con i propri connazionali.