«Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?», cantava così Fabrizio De André nel 1973. Oggi, 18 gennaio, avrebbe compiuto 82 anni e noi continuiamo a scegliere di ascoltare le sue poesie in musica. Di Faber, appellativo dato da Paolo Villagio, ci rimangono le canzoni senza tempo e il patrimonio artistico, «il testamento» di uno dei più grandi cantautori italiani.
Amore e Guerra, dicotomia di un’artista
Faber dava voce agli emarginati: il singolo del 1967, “Bocca di Rosa” è il racconto di una prostituta. Cantava di conflitti e violenza: “La guerra di Piero” è diventata inno contro la guerra. Non dimenticava però di celebrare l’amore: “La ballata dell’amore perduto”, “Verranno a chiederti del nostro amore”, “La ballata dell’amore cieco” e “Valzer per un amore” sono alcuni dei brani più dolci del cantante genovese. Incompreso e spesso criticato, ha fatto sempre discutere, nel bene e nel male. Per il suo essere restio alle apparizioni in pubblico e per le tematiche trattate, ha lasciato un segno indelebile nella società passata e attuale.
Chi era Faber
Nato il 18 febbraio 1940 nel quartiere genovese di Pegli, scopre l’amore per la musica grazie al jazz e all’ascolto di Georges Brassens. Frequenta assiduamente gli amici Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli, Mario De Sanctis e altri, con loro comincia a suonare la chitarra e a cantare nel locale La Borsa di Arlecchino.
Faber entra nel mondo della musica nell’ottobre del ’61 quando l’etichetta Karim pubblica i suo primo 45 giri con Nuvole Barocche ed E fu la notte. Due anni dopo debutta in televisione nel programma Rendez-Vous, dove canta Il fannullone. Lascia la facoltà di giurisprudenza e negli anni successivi si afferma sempre più come personaggio schivo e intellettuale musicista .
Nel 1998 a De André viene diagnosticato un carcinoma polmonare: un anno dopo, l’11 gennaio, il poeta ci lascia dopo l’aggravarsi della malattia.