Urne aperte il 17 e il 18 novembre per rinnovare Consiglio regionale e presidente di Emilia Romagna e Umbria. Quest’ultima va al voto dopo la scadenza naturale della legislatura, a differenza di Liguria ed Emilia Romagna. Nel primo caso, dopo lo scandalo che ha travolto l’ex presidente Giovanni Toti, i cittadini sono stati chiamati al voto il 27 e il 28 ottobre, con quasi un anno di anticipo rispetto la scadenza naturale del mandato. Niente scandalo in Emilia Romagna, dove sarà voto anticipato per un trasferimento.
Stefano Bonaccini, ormai giunto alle battute finali della sua seconda presidenza dell’Emilia Romagna e non avendo visto possibilità concrete di un terzo mandato, ha presentato candidatura alle europee di giugno ed è stato eletto a Bruxelles con preferenze record per il partito (quasi 400mila, secondo solo ad Antonio Decaro, ex sindaco di Bari, che al sud ne ha ottenute quasi mezzo milione).
Conseguenza: elezioni anticipate di qualche mese (la scadenza naturale del mandato di Bonaccini era prevista per il prossimo gennaio) e passaggio di responsabilità alla sua vice Irene Priolo, costretta a gestire l’ultima emergenza alluvione che ha colpito la Regione.
Similitudini e differenze
Le prossime elezioni regionali di Umbria ed Emilia Romagna hanno qualcosa in comune ma anche qualcosa che le differenzia. In comune hanno la riproposizione di un campo largo del centrosinistra, rifiutato in Liguria da Giuseppe Conte, con capofila il Partito Democratico assieme ad Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5 Stelle e l’ex terzo polo di Renzi e Calenda (anche se riuniti sotto l’insegna di una lista civica). Di diverso hanno il colore politico del presidente uscente, l’Umbria governata dalla Lega mentre l’Emilia Romagna dal Partito Democratico.
Il voto in Umbria
Il 27 ottobre 2019 Donatella Tesei era riuscita a strappare la Regione al centrosinistra, dopo 50 anni di governo rosso. L’esponente della Lega è ancora la candidata del centrodestra per un secondo mandato, mentre la principale sfidante è la sindaca di Assisi, Stefania Proietti. In totale, a concorrere per la presidenza, ci sono sette candidati. La coalizione che sostiene Proietti va, come si diceva, dalla sinistra ai riformisti di Italia Viva. Tesei e Proietti sono le due candidate principali della competizione: i sondaggi prevedono un testa a testa oltre la soglia del 40%, anche se il centrodestra potrebbe essere avvantaggiato dal vento a suo favore che arriva dalla recente tornata vittoria in Liguria.
Il voto in Emilia Romagna
Sono quattro i candidati, ma la vera partita sarà tra la civica sostenuta dal centrodestra Elena Ugolini e il sindaco di Ravenna Michele De Pascale, sostenuto dal centrosinistra con un campo larghissimo. Dal 1970 la regione non ha mai espresso un presidente di centrodestra e quindi, seguendo la tradizione, i pronostici vedono largamente favorito il dem. De Pascale, sindaco di Ravenna dal 2016, mentre dal 2018 presiede l’Unione delle province d’Italia, è considerato un riformista e seguace di Bonaccini. Nonostante la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Partito Democratico, un anno più tardi De Pascale è stato comunque designato come candidato, all’unanimità, dalla direzione regionale dei dem.
A differenza di quanto avvenuto in Liguria, i renziani faranno parte della coalizione con all’interno anche i 5 stelle. Il centrodestra, invece, ha appoggiato la candidatura della civica Elena Ugolini. Già sottosegretaria all’Istruzione durante il governo Monti, è stata preside delle scuole Malpighi di Bologna. Ugolini è sostenuta dai partiti del governo di Giorgia Meloni con l’aggiunta di Unione di centro, Alternativa popolare, Indipendenza e il Popolo della famiglia.
Tutti i sondaggi confermano il trend dell’Emilia Romagna, roccaforte del centrosinistra, con una forchetta tra il +8% al +12% a favore di De Pascale su Ugolini. Aria di sconfitta percepita dalla premier Giorgia Meloni, che lunedì non ha presenziato alla chiusura della campagna elettorale di Ugolini e si è limitata a un videocollegamento.