Ddl sicurezza, c’è l’ipotesi di uno scudo penale per le forze dell’ordine

Uno scudo penale per gli agenti in servizio. È questa l’idea a cui sta lavorando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano su richiesta della premiere Giorgia Meloni. La norma potrebbe far parte del disegno di legge Sicurezza che al momento è al vaglio del al Senato.

Garanzie per gli agenti

La legge sarebbe applicabile per i reati che prevedono l’uso di armi o la forza fisica e avrebbe un duplice effetto. Da un lato permetterebbe agli agenti di evitare che vengano iscritti subito nel registro degli indagati in caso di atto dovuto. Di fatto, in una prima fase l’istruttoria sarebbe decisa dal ministero dell’Interno e poi, in una seconda fase, l’agente potrebbe essere iscritto nel registro degli indagati solo se dovessero emergere degli indizi chiari nei suoi confronti.

Dall’altro, toglierebbe la competenza di giudizio alle procure della Repubblica, traslando gli oneri al procuratore generale delle corti d’appello (sperando che questo possa essere più accomodante). Lo scudo penale non sarebbe l’unica norma a supporto degli agenti introdotta nel disegno di legge Sicurezza.

Nel provvedimento in discussione al Senato, per la seconda lettura, sono infatti previste leggi per incrementare le pene per la resistenza a pubblico ufficiale, un reato ad hoc per le lesioni nei loro confronti e l’acquisto di bodycam per gli agenti.

Il poliziotto di Bologna

In Italia la sicurezza è tornata a essere un argomento di discussione negli ultimi giorni, per via della guerriglia urbana di sabato 11 gennaio a Bologna, scaturita durante la manifestazione per Ramy Elgaml, il diciannovenne di origini egiziane morto in un incidente stradale in cui è stata coinvolta una gazzella dei carabinieri.

«Non ho mai visto una cosa del genere. Non ho mai visto tavoli di ferro, sedie, contro di me. Ho visto i miei colleghi feriti: uno con una spalla lussata, un altro con un dente rotto, un terzo che dall’alba di domenica sente un fischio nell’orecchio: un bombone gli è esploso sotto i piedi. A me hanno lanciato una bottiglia in faccia. Le immagini le avete viste tutti, ma credetemi: un conto è vederle, altro è starci in mezzo». Questo sono le parole rilasciate da uno dei poliziotti coinvolti negli scontri al quotidiano Libero.

Che ha poi aggiunto: «Avevo l’adrenalina a mille… Non sono neanche riuscito a dormire dopo aver “staccato”. Per inciso: ho staccato alle quattro del mattino. Avevo preso servizio alle 18 del giorno precedente, quando era iniziato il corteo da piazza Maggiore». Difficile dimenticare: «Sono ancora, come posso dire, disturbato. Ho ammaccature ovunque. E devo continuare a lavorare, scrivere decine di carte. Perché il nostro lavoro è questo. Ma c’è un limite a tutto. Nel senso: fate qualcosa, altrimenti ci ammazzano».

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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