Dopo anni di interviste, apparizioni televisive, “Belve” e Netflix, la difesa di Massimo Bossetti ha ottenuto le copie integrali delle analisi genetiche effettuate durante le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio. Per sei anni la difesa, come più volte dichiarato dallo stesso Bossetti, non aveva avuto accesso completo al materiale genetico usato nei processi che hanno portato alla sua condanna all’ergastolo.
La scomparsa di Yara e l’impatto sull’opinione pubblica
Era il 26 novembre 2010 quando, a Brembate Sopra (Bergamo), scomparve la tredicenne Yara Gambirasio. La giovane non tornò a casa dopo gli allenamenti di ginnastica. Una scomparsa che scosse profondamente la comunità e l’intero Paese. Centinaia i volontari che parteciparono alle ricerche e negli stessi mesi la vicenda conquistò le prime pagine dei giornali e l’attenzione dei media. Il corpo di Yara fu ritrovato tre mesi dopo, nel febbraio 2011, in un campo non lontano da casa. Da quel momento le indagini si concentrarono sulla ricerca del responsabile, dando vita a un lavoro investigativo imponente e complesso.
Il materiale genetico e la figura di Bossetti
Durante le indagini gli inquirenti raccolsero migliaia di tracce genetiche analizzate per risalire al profilo chiamato “Ignoto 1”, rintracciato sugli indumenti intimi della vittima. Dopo mesi di lavoro e confronti, gli investigatori attribuirono quel profilo al muratore di Mapello (BG) Massimo Bossetti. Proprio quel materiale diventò l’elemento cardine dell’accusa nei suoi confronti. Bossetti fu arrestato nel 2014 e, nel 2018, venne condannato all’ergastolo in via definitiva. Tutti i gradi di giudizio confermarono la sua responsabilità, basandosi in larga parte sull’esame del DNA.
Dopo anni di richieste, la difesa ha ritirato un hard disk con l’intero set delle analisi: elettroferogrammi, grafici, sequenze genetiche e fotografie realizzate dai carabinieri del RIS di Parma durante gli accertamenti. Si tratta del materiale grezzo che ha guidato le conclusioni investigative e che, fino a oggi, non era mai stato messo a disposizione in forma completa.
Le polemiche sulla gestione delle prove e il ruolo della Procura
Nel corso degli anni la difesa di Bossetti ha più volte sostenuto che alcune fasi delle indagini presentassero opacità e una gestione non del tutto trasparente del materiale probatorio, soprattutto quello genetico. Gli avvocati hanno segnalato presunti ritardi, mancate consegne e limitazioni nell’accesso ai tracciati completi del DNA. Hanno inoltre ipotizzato che una parte della documentazione potesse essere stata trascurata o non correttamente messa a disposizione.
La pm Letizia Ruggeri è finita al centro dell’attenzione per un’indagine su una presunta frode processuale, legata alla gestione di alcuni campioni biologici e al caso delle provette conservate in modo non adeguato. L’indagine è stata poi archiviata. Le procure coinvolte hanno sempre respinto ogni accusa e hanno ribadito la correttezza del lavoro svolto, insieme alla solidità delle analisi utilizzate nei tre gradi di giudizio.
Le nuove analisi e i prossimi passi
Secondo l’avvocato Claudio Salvagni, serviranno diversi mesi per analizzare l’enorme quantità di dati contenuti nell’hard disk. La difesa ritiene che lo studio del materiale possa far emergere elementi finora trascurati o non considerati. Bossetti continua a dichiararsi innocente, mentre gli inquirenti ribadiscono la solidità delle analisi genetiche svolte all’epoca. L’esame delle copie integrali potrebbe diventare un passaggio significativo. Potrebbe infatti confermare quanto già stabilito dai processi oppure sollevare nuovi interrogativi. Molti ritengono possibile l’apertura di scenari inediti, in modo simile a quanto accaduto nel noto caso di Garlasco.