
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge per introdurre nel codice penale il reato di femminicidio. La proposta arriva alla vigilia dell’8 marzo, la Giornata internazionale della donna.
FEMMINICIDIO REATO AUTONOMO
In Italia nel 2024 ci sono stati 113 femminicidi e 66 di questi sono stati commessi dal compagno o dall’ex partner della vittima. Sono numeri che parlano chiaro, e restituiscono un quadro negativo della situazione presente nel nostro paese. Alla luce di questo, il 7 marzo è stato approvato dai Consiglio dei Ministri il disegno di legge (ddl) che prevede “l’introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime”. Finora per i casi di femminicidio è stato applicato l’articolo 575 del codice penale, ovvero il reato di omicidio. Con questo ddl, invece, il femminicidio si appresta a diventare un reato autonomo, l’articolo 575 bis.

Firmatari del provvedimento sono il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e la ministra della Famiglia, della natalità e delle pari opportunità, Eugenia Rocella. Quest’ultima, nella conferenza stampa che ha seguito il Consiglio dei Ministri, ha esordito dicendo che «Femminicidio è una parola che usiamo abitualmente, ma fino ad ora non era mai entrata nel codice. Questa è davvero una novità dirompente, non solo giuridica ma anche sul piano culturale». In una nota, la premier Giorgia Meloni ha commentato: «Sono norme che considero molto importanti e che abbiamo fortemente voluto per dare una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga».

Negli ultimi anni erano già state introdotte diverse norme per limitare il fenomeno, tra cui la legge “Codice Rosso” del 2019, che introduceva, tra le altre cose, anche il reato di revenge porn, ovvero la pratica di condividere pubblicamente contenuti intimi senza il consenso della persona interessata. Ma, come ha ribadito la ministra Rocella, «nonostante gli strumenti innovativi già adottati, il numero dei femminicidi non cala, ogni tre giorni una donna muore».
INTRODOTTO L’ERGASTOLO
Sono scritti nero su bianco gli elementi di novità del reato autonomo di femminicidio, anche se, per diventare legge, si dovrà attendere la discussione e l’approvazione del Parlamento. Una delle più importanti introduzioni è quella dell’ergastolo, previsto nel primo comma per «Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità». In assenza di queste circostanze, si applicherà l’articolo 575 del codice penale, che prevede comunque una pena non inferiore a 21 anni.

LE ALTRE NOVITÀ
Tra gli aspetti di novità rientra il rafforzamento delle misure cautelari per i colpevoli di violenza di genere, che non potranno avvicinarsi più di 500 metri alla vittima. Si aggiunge anche una maggior tutela delle vittime nei procedimenti di femminicidio, tentato femminicidio e altri reati di violenza di genere. In particolare, il Pubblico Ministero avrà l’obbligo di ascoltare direttamente le vittime e i loro familiari, compito prima delegato alla polizia giudiziaria. Secondo il ministro Nordio, questo servirà a «responsabilizzare maggiormente la magistratura nell’affrontare questa grave forma di aggressione e violenza».

Inoltre, la vittima dovrà essere obbligatoriamente informata e ascoltata dal giudice circa «le misure di patteggiamento o la possibile liberazione del detenuto». Anche se il parere della vittima non è vincolante «impone comunque al giudice una particolare motivazione qualora dovesse disattenderlo». A questo si aggiunge la formazione obbligatoria sul tema per i magistrati e le magistrate che si occupano di casi di violenza contro le donne.
Il decreto legge si inserisce in un momento in cui il tema è particolarmente vicino al pubblico. Simboliche le vicende di Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin che hanno scosso l’Italia nel 2023.