Ana sentiva il bisogno di fare qualcosa. Di aiutare concretamente il suo Paese. E così ha lasciato quella che da qualche anno è la sua casa, l’Australia, ed è venuta in Italia. Dove sapeva di “trovare una rete umanitaria” che le permettesse di “assistere fisicamente” la sua Ucraina.
Il sostegno dei volontari
“Quando ho scoperto che il mio Paese era in guerra ho deciso che dovevo aiutare in qualche modo”. Dall’altra parte del mondo, a Sydney, Ana non poteva fare nulla. “Ho provato a contattare l’ambasciata ucraina e alcuni miei connazionali che abitano lì – ci racconta – ma non potevano fornire il tipo di supporto che mi aspettavo”. Da qui la scelta di raggiungere l’Italia. Un giorno di viaggio per venire a dare una mano.
Come molti volontari, Ana in questi giorni è impegnata a smistare i centinaia di scatoloni che arrivano da Milano e provincia. “Medicine, cibo, vestiti e altri materiali”.
Una raccolta a cui molte persone hanno contribuito, e per cui Ana si dice grata e riconoscente. “Sapevo che l’Italia, come il resto d’Europa, sta dimostrando vicinanza alla mia Ucraina. Per noi è importante”. Adesso è con sua mamma, che da molti anni abita qui, e si supportano a vicenda. Insieme lavorano nel capannone di via Toffetti 77, uno dei tanti luoghi della città adibito a centro di raccolta. “Questa sera parte un altro furgone” ci spiega emozionata, con gli occhi lucidi.
La voglia di tornare a casa
In Ucraina Ana ha molti amici. E’ preoccupata per loro. “Una mia amica era a Kharkiv – la città più bombardata al momento -, ha vissuto una settimana nella metro insieme al marito, alla madre e alla figlia piccola.” Come loro, centinaia di altre famiglie. “Quando hanno deciso di andar via, li ho aiutati a trovare dei luoghi in cui sostare durante il viaggio. Adesso sono al sicuro, possono finalmente riposarsi” ci racconta, sollevata. Il desiderio, però, è quello di tornare a casa. “Appena finirà tutto molti vogliono far ritorno in Ucraina. Ho un’amica che adesso è in Polonia, ma la sua speranza è tornare a casa il prima possibile”. Perché il legame con la propria terra è qualcosa di forte, di viscerale. E la storia di Ana, venuta dall’Australia per aiutare il suo Paese, ne è una bellissima testimonianza.