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Stadi, monumenti storici sempre più in via di estinzione

Templi, luoghi di culto, talvolta monumenti o vere e proprie opere d’arte, questo sono gli stadi. Di più di un semplice assemblaggio di mattoni e calcestruzzo. L’anima della città, almeno di quella che in esso passa le proprie domeniche, affidando a una partita l’umore del resto della settimana. Giganti che stanno sempre più sparendo dalle mappe, come se questo non fosse più il loro tempo. Stadi moderni, efficienti e soprattutto con numerosi posti vip per aumentare i guadagni. Sono queste le richieste dei club, che facendo i loro interessi si dimenticano di stare abbattendo secoli di storia, amore e passione. Storia che però merita di essere ricordata.

La Scala del Calcio

Il viaggio comincia da qui vicino. Negli ultimi anni Milan e Inter vogliono cambiare casa soprattutto per motivazioni economiche, abbandonando lo storico stadio di San Siro, che nei progetti presentati in Comune verrebbe demolito, conservandone solo uno spicchio. La Scala del Calcio fu inaugurata il 19 settembre 1926. Per l’occasione si decise di organizzare un derby tra le due compagini di Milano, vinto dall’Inter per 6-3. La sua costruzione fu voluta da Piero Pirelli, l’allora Presidente del Milan. Ci vollero 13 mesi e cinque milioni di lire prima di poter salutare quello che sarebbe divenuto uno dei templi del calcio mondiale.

Il teatro dei sogni

Non solo in Italia, anche nella lontana Inghilterra si tende a dimenticare il passato per abbracciare il nuovo. È quello che sta accadendo a Manchester sponda United. L’Old Trafford, il Theatre of dreams, soprannome che la leggenda vuole sia stato coniato da sir Bobby Charlton, storico bomber dei Red Devils, verrà demolito e ricostruito. Inaugurato nel 1910, è sempre stato un feudo dello United tranne dal 1941 al 1949 quando l’impianto fu semidistrutto dai bombardamenti. Storica la finale di Champions League del 2003 tra Milan e Juventus, dove si realizzarono sì dei sogni, ma quelli rossoneri, che vinsero la finale ai rigori.

Old Trafford, stadio del Manchester United
I leoni di Highbury

L’Old Trafford è solo l’ultimo di questi giganti in via di estinzione. I più famosi, rimanendo in Inghilterra, sono quelli di Highbury e di Wembley, demolito nel 2003 e ricostruito quattro anni dopo. Lo stadio di Highbury, la storica casa dell’Arsenal, fu inaugurato nel 1913. Divenuto leggendario per quella che passò alla storia come la “battaglia di Highbury”.

la battaglia di Highbury: amichevole tra Italia e Inghilterra del 1934

Il 14 novembre del 1934 l’impianto ospitò l’amichevole tra la Nazionale inglese e quella italiana che si concluse con la vittoria dei tre leoni per 3-2. L’Inghilterra comincia il match subito a ritmo altissimo. Doppio vantaggio inglese nel segno del centravanti Brook, prima con un colpo di testa e poi su una punizione da 20 m. Al 12° il 3-0 del goleador dell’Arsenal Drake. Nella ripresa gli azzurri riuscirono ad accorciare di due goal con la doppietta di uno straordinario Meazza. Questo non bastò all’Italia per pareggiare, ma lo sforzo profuso dagli azzurri non fu vano. La partita passò alla storia come la “vittoria sconfitta”.

Il goal fantasma

Wembley invece fu realizzato nel 1923 in occasione della British Empire Exhibition. Ospitò nel corso della sua storia oltre a cinque finali di coppe dei campioni anche uno dei concerti più famosi della storia, il Live Aid nel 1985. L’episodio che viene subito in mente quando si parla di Wembley è il goal fantasma nella finale di Coppa del Mondo del 1966, l’unico mondiale vinto dalla nazionale inglese.

Il vecchio Wembley

I tre leoni affrontavano in finale la Germania Ovest. Alla fine del secondo tempo supplementare l’ala britannica Ball si libera sulla destra, passa al centro, Geoff Hurst stoppa, si gira e tira da due passi. La palla schizza sulla traversa e poi viene rigettata in porta. L’arbitro sta per assegnare l’angolo, ma viene richiamato dal guardalinee sovietico. Il responso è goal, la palla ha attraversato la riga di porta completamente. Per un cinquantennio se ne riparlerà come di un “errore”, se non come di un furto vero e proprio.

Il Maracanazo

Opposto al caso degli stadi che cadono giù è quello del Maracanà di Rio de Janeiro. Un esempio di resilienza anche ai tempi che cambiano. Fu varato nel 1950 per ospitare il campionato del mondo di quell’anno. Per la finale che vedeva la squadra di casa, il Brasile, affrontare l’Uruguay il Maracanà era pieno all’inverosimile, ben oltre la capienza consentita. Le cronache parlano di quasi 200.000 persone di cui solo un centinaio uruguagi. Il Paese non contemplava l’ipotesi della sconfitta. Erano stati già predisposti i festeggiamenti e stampati milioni di dischi che raccontavano il successo dei campioni del mondo.

Stadio del Maracanà

La Seleção iniziò la partita deliziando il pubblico: dribbling, veroniche, palleggi, con gli uruguagi costretti a guardarli cercando di arginare lo spettacolo con un rigidissimo catenaccio, riuscendo a resistere per tutto il primo tempo. All’inizio della seconda frazione il Brasile passò in vantaggio. L’Uruguay però non si disunì e aspettò il momento migliore per colpire. Al 66° la Celeste trovò il goal del pari con Schiaffino. Il Maracanà, per un attimo, divenne muto, sospeso tra la vita e la morte. Bastò un lancio lungo per Ghiggia, che si liberò del suo diretto avversario e scaraventò la palla in rete. 2-1 Uruguay. Il Brasile proclamò per questa tragedia, passata alla storia come Maracanazo, tre giorni di lutto nazionale.

Stadi che cadono, stadi che restano. Ostinati e contrari ai tempi che cambiano. Anche se potranno essere demoliti, modificati, ristrutturati o addirittura cancellati dalle mappe, quello che non si potrà cancellare è la loro storia.

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