Gli Stati Uniti, in risposta agli attacchi subiti nei giorni scorsi sul territorio iracheno, hanno bombardato la zona orientale della Siria, al confine con l’Iraq, prendendo di mira le milizie filo-iraniane. Secondo il portavoce del Pentagono John Kirby l’attacco aereo, che ha causato la morte di almeno 22 combattenti pro-Iran, rappresenta un messaggio inequivocabile: ‹‹Il presidente Joe Biden agirà per proteggere il personale americano e della coalizione››.
È la prima volta, dopo 37 giorni dall’insediamento alla Casa Bianca, che il neopresidente democratico ordina un’azione militare: ‹‹Abbiamo agito in modo deliberato – prosegue Kirby – l’obiettivo è avviare la distensione della situazione complessiva sia nella Siria orientale che in Iraq››.
I bombardamenti avvenuti nella notte del 26 febbraio, infatti, secondo il portavoce del Pentagono sarebbero una risposta militare proporzionata ai tre attacchi missilistici operati dai militari filo-iraniani contro le basi statunitensi presenti in Iraq. L’azione, condotta solo dopo aver consultato i partner della coalizione, è da inquadrare nel contesto della possibile ripresa dei negoziati sul nucleare tra Teheran, l’Europa e gli Usa. Se gli iraniani, con gli attacchi partiti dal 15 febbraio, hanno testato le attitudini di Biden, il presidente democratico non ha mancato di rispondere in maniera mirata. L’Iran, infatti, agisce da anni in quella zona di confine, avendo stabilito, grazie alle relazioni con gruppi armati locali, una delle diverse basi militari fedeli a Teheran sulla linea che corre dall’altopiano iranico, tagliando per Siria e Libano, fino a raggiungere il Mediterraneo.
Una situazione insostenibile
Intanto la Siria è stremata. La malnutrizione dilaga con il 60% della popolazione, circa 12,4 milioni di persone, che non ha accesso a una scorta sufficiente di cibo. Nel 2020, inoltre, ci sono 4,5 milioni di siriani in più letteralmente costretti alla fame. ‹‹Un aumento scioccante, ma che non si può dire sia sorprendente››. Questo il commento del sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Mark Lowcock, di fronte al Consiglio di sicurezza. ‹‹Il risultato – ha proseguito l’economista inglese – è che milioni di siriani stanno ricorrendo a misure disperate per sopravvivere come vendere beni e bestiame e far lavorare i figli invece di mandarli a scuola››.