Domenica si deciderà il futuro del Partito Democratico. Dopo le consultazioni nei circoli, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein si sfideranno nelle primarie aperte, cui potranno partecipare tutti gli elettori del centrosinistra. La storia insegna che il risultato di Milano è da sempre indicativo per capire le percentuali nazionali e, mai come questa volta, la partita sembra aperta. I dati di Matteo Renzi e Nicola Zingaretti in città rispecchiarono infatti le proporzioni finali del voto.
A Milano Schlein vince nei circoli
Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, è da sempre in vantaggio nei sondaggi, ma i risultati usciti dai circoli delle grandi città hanno messo in allarme lui e il suo staff. La sconfitta più rumorosa è stata proprio quella nel capoluogo lombardo, dove Schlein si è imposta con il 43,6% dei voti contro il 36,9% del suo competitor. Qui la compagine a sostegno della deputata del Pd è folta e comprende nomi di peso della politica milanese. Capofila è l’ex candidato governatore di Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino. Con lui si sono schierati a fianco di Schlein gli assessori Lamberto Bertolé, Arianna Censi e Gaia Romani e i giovani democratici, capitanati dal neo consigliere regionale Paolo Romano. Forti anche dell’ottimo risultato di Majorino a Milano, gli iscritti hanno virato a sinistra e scelto la candidata dal profilo più discontinuo rispetto agli ultimi leader del partito.
Dal canto suo, Bonaccini ha potuto contare sull’appoggio della base riformista del Pd meneghino: l’assessore Pierfrancesco Maran guida la squadra a sostegno del governatore e raccoglie intorno a sé il capogruppo Filippo Barberis, la vice sindaco Anna Scavuzzo e l’assessore alla sicurezza Marco Granelli.
I dati nei municipi
Il miglior risultato della Schlein è stato registrato nel municipio 2, dove ha superato il 60%. Bonaccini ha prevalso solamente nel municipio 6, dove ha ottenuto il 51,5% delle preferenze. Il dato aggregato con la provincia diventa meno amaro per Bonaccini, poiché la distanza con l’avversaria è davvero minima: sono solo 4 i voti di differenza. In generale l’affluenza nei circoli è stata buona, ma inferiore alle primarie del 2019.
Nelle sezioni della Città Metropolitana hanno votato il 64% degli aventi diritto. La preoccupazione maggiore per la dirigenza dem riguarda proprio l’affluenza di domenica. Negli anni la partecipazione ha sempre avuto un trend calante e la bassa affluenza nelle ultime tornate elettorali spaventa il Pd. Sono lontani i tempi in cui i votanti ai banchetti erano oltre 3 milioni e anche a Milano il numero è andato via via calando.
L’affluenza nelle passate primarie a Milano
Nel 2013, quando Renzi conquistò la segreteria per la prima volta, gli elettori milanesi furono circa 70 mila in città e superarono i 150 mila con la provincia. Nel 2017, anno della seconda vittoria dell’ex premier, le primarie portarono 43 mila milanesi al voto, quasi dimezzando il dato di quattro anni prima. Anche volgendo lo sguardo alla Città metropolitana il calo fu drastico: non si riuscì a sfondare il muro dei 100 mila elettori. In uno dei periodi di maggiore crisi, l’elettorato del centrosinistra milanese rispose positivamente alle primarie del 2019, che videro Zingaretti approdare alla segreteria. In città ci fu infatti un aumento della partecipazione, con 52 mila voti espressi; si faticò invece a coinvolgere i cittadini della provincia, la cui affluenza ai gazebo portò il totale a 96 mila voti, come nel 2017.
Mai come oggi però l’elettorato sembra essere distante dal Pd e le ultime elezioni hanno dimostrato, ancora una volta, le difficoltà della sinistra nel portare i suoi sostenitori alle urne. In questo clima di disinteresse, chiedere alle persone di tornare a votare è un grande azzardo.