Più tempo per veder nascere un bambino che per costruire un’auto

«Ogni 40 secondi nasce un bambino; ogni 45 secondi nasce un’automobile». Nuove nascite e nuovi mezzi di trasporto, pilastri fondamentali per un Paese che sta crescendo: una popolazione giovane e dinamica che può muoversi in autonomia. Questi numeri sono scritti sulle pagine di una rivista italiana, sotto una fotografia che mostra le «catene di montaggio della Fiat». Della Fiat, non di Stellantis. Perché l’articolo è stato pubblicato nel 1961 e i dati sulla crescita dell’Italia, incoraggianti 63 anni fa, ora sono diversi. E non soltanto perché la principale casa automobilistica dello stivale non è più 100% Made in Italy. Se, oggi, per costruire una nuova macchina servono 58 secondi, sono 43 quelli che dividono in modo ancor più evidente l’Italia del boom economico dall’Italia del nuovo millennio.

Le automobili della Fiat in attesa di uscire dallo stabilimento di Mirafiori (Torino) alla fine degli anni ’50
Ogni 83 secondi nasce un bambino

Nel 2023, infatti, bisognava aspettare 83 secondi per veder nascere un bambino, più del doppio rispetto al 1961. Un dato simbolo di una tendenza negativa, quella della natalità in costante calo, che contraddistingue il nostro Paese dal 2008, l’ultimo anno in cui è stato registrato un aumento delle nascite. Stando ai dati demografici elaborati dall’Istat, lo scorso anno sono nati 379mila bambini, il 3,6% in meno rispetto ai 393mila del 2022. Numeri che confermano il lungo inverno demografico che l’Italia sta vivendo: in 15 anni sono quasi 200mila i nuovi nati in meno.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse Society at a Glance 2024, pubblicato il 20 giugno di quest’anno, nel 2022 l’Italia era tra gli Stati dell’organizzazione con il più basso tasso di fecondità totale, cioè il numero medio di figli per donna. L’indice italiano era di 1,2, uguale a quello spagnolo. Peggio di noi soltanto la Corea del Sud, scesa addirittura a 0,7.

Un calo che va di pari passo con l’aumento dell’età media in cui le madri hanno il primo figlio: dai 26 anni e mezzo del 2000 si è passati ai 29 e mezzo del 2022. Oltre alla crisi del 2008, sono molteplici i fattori alla base di questa tendenza, dalle scelte personali alla condizione economica familiare.

Il tasso di fecondità totale in Italia è sceso a 1,2 nel 2022
Realizzarsi «al di fuori della genitorialità»

A influenzare, però, sono anche elementi esterni, come le norme sociali e i costi per l’educazione e le cure mediche dei figli. Senza contare, come sottolinea l’Ocse, che oggi i giovani faticano più che in passato a «diventare finanziariamente indipendenti e a trovare stabilità nei mercati del lavoro e degli alloggi». Una difficoltà aggravata dalle crisi che si susseguono a livello globale su più fronti: la pandemia, i problemi ambientali e climatici, il costo della vita che non accenna a diminuire.

Questo scenario, sempre più incerto, spinge molti giovani a realizzarsi «al di fuori della genitorialità», accettando anche la prospettiva di non avere figli. Una prospettiva di insicurezza, complessità e sfiducia che si racchiude in quei 43 secondi che ci separano dal 1961. In un’Italia che non cresce, mentre agli operai di Stellantis non rimane altro che sistemare gli optional sulla seconda macchina della giornata, la culla di un ospedale è ancora vuota.

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