Ennesima impennata di tensione tra Israele e Gaza, la zona semilibera a sud dello stato ebraico attualmente sotto il controllo di Hamas. La mattina del 12 novembre, decine di razzi sono stati sparati dal territorio della Striscia di Gaza verso nord. Alcuni missili sono arrivati addirittura alla periferia di Tel Aviv, a 60 km dal confine tra Israele e Gaza. Questa nuova iniziativa bellica del regime di Hamas ha seguito l’uccisione, da parte delle forze speciali di Israele, di un leader della jihad islamica, Baha Abu al-Ata. Il raid è stato autorizzato da Benjamin Netanyahu, il primo ministro di Israele finché non si sbloccherà la situazione politica dello stato ebraico.
Il blitz che ha portato alla morte di al-Ata è stato portato a termine da uno sforzo congiunto di esercito e servizi segreti israeliani questa mattina alle 4:30, nell’edificio dove l’uomo si trovava, a Gaza. Anche il se il blitz è stato mirato, insieme a al-Ata è stata uccisa anche la moglie e sono state ferite altre 2 persone, vicine di casa dell’uomo della Jihad. Questa mattina in molti minareti della Striscia si sono sentite invocazioni di vendetta contro Israele.
L’uccisione è stata confermata dalla Jihad, che ha subito dichiarato che «non sarebbe stata senza conseguenze». La rappresaglia non si è fatta attendere, e Hamas ha subito fatto partire razzi contro Israele. Molti di questi sono stati intercettati dal sistema di difesa antimissile israeliano Iron Dome, ma nelle città del sud di Israele, vicine alla Striscia di Gaza, sono suonate le sirene antiaereo e le persone sono state invitate a restare nelle case. Ma non si escludono ulteriori rappresaglie tramite commando di miliziani della Jihad, cosa che ha fatto scattare lo stato di massima allerta presso le forze di sicurezza israeliane.
Da questo fatto però esce la certezza che Israele ha ripreso gli «omicidi mirati», come era stato dichiarato dal capo del Mossad, Yossi Cohen, in un’intervista a un quotidiano ebraico ultraconservatore, Mishpacha.