Giulia Mir, 24 anni, studia filosofia e pianoforte. Insieme a Beatrice Mauri, è il volto Instagram di Peso Positivo, una pagina che fa prevenzione e informazione attorno ai Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DCA).
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Com’è nato Peso Positivo?
Il progetto è partito nel 2020 per iniziativa dell’Associazione Famiglia Peppino Fumagalli, che è una fondazione monzese impegnata da diversi anni in attività sui disturbi alimentari. Nel 2021 Peso Positivo è sbarcato sui social per raggiungere il target maggiormente interessato da queste malattie, vale a dire gli adolescenti. Servivano due volti giovani e quindi siamo state contattate io e Beatrice.
Perché hai scelto di accettare?
È una tematica che mi riguarda in prima persona. Quando avevo 13 anni ho iniziato a soffrire di disturbi alimentari. Negli anni successivi ho iniziato a fare un po’ di attivismo sul mio profilo Instagram: quando succedevano delle cose particolari intorno a questo argomento mi veniva da parlarne sul social. Dire di sì a Peso Positivo è stato un modo per dare valore alla mia esperienza. In fondo, penso che condividere contenuti di informazione e prevenzione possa aiutare qualcuno che si trova nella situazione in cui mi sono trovata io.
Da chi è composto Peso Positivo?
Io e Beatrice gestiamo la pagina, in collaborazione con un’agenzia di comunicazione che fa le grafiche e ci dà una mano con il piano editoriale. Alle nostre spalle c’è un team di una quindicina di dottoresse che lavorano con i disturbi alimentari e che vagliano i contenuti che proponiamo. Sono psicologhe, psichiatre, nutrizioniste, pediatre, ginecologhe, il cui contributo permette di accreditare i contenuti che trasmettiamo.
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Come gestite l’interazione con i followers?
Gli utenti ci scrivono in chat per farci delle domande o approfondire un certo argomento. A quel punto, inoltriamo i messaggi alle esperte e attendiamo una loro risposta. Poi saremo noi a continuare la conversazione con l’utente, sempre supportate da una dottoressa.
Quali sono le domande più ricorrenti?
Le domande che ci arrivano sono perlopiù domande che riguardano il rapporto con qualcuno. Molto spesso ci viene chiesto come poter comunicare il disagio ai propri genitori. Oppure come poter aiutare un amico che ha dei disturbi ma che non vuole farsi aiutare. O ancora: a chi potersi rivolgere per uscirne.
E come rispondete a chi vi chiede un aiuto per guarire?
Di solito rimandiamo a una piattaforma che c’è sul sito del Ministero della Salute, dove sono mappati tutti i centri che in Italia si occupano di cura dei disturbi alimentari, sia statali sia privati sia convenzionati.
Come viene affrontato solitamente questo tema sui social?
Molto spesso il tema del rapporto col cibo non viene affrontato in maniera corretta e diversi contenuti che diventano virali finiscono solo per generare o ad accrescere il disturbo. Pensiamo, ad esempio, ai video dei workout fai-da-te con un minutaggio brevissimo, oppure ai reel del tipo “Cosa mangio in un giorno”. Sono estremamente “tossici” per salute dei giovani perché innescano dei sensi di colpa pericolosissimi. Il rischio di paragonarsi con creator che hanno un corpo apparentemente perfetto è alto e può portare a dei problemi con l’alimentazione.
Qual è, invece, l’idea centrale di Peso Positivo?
Noi cerchiamo di decostruire una certa narrazione che si fa sull’alimentazione e sull’immagine corporea, per costruire uno spazio di dialogo con chi ha bisogno.
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Secondo te, si è creata una comunità intorno a Peso Positivo?
Direi di sì. E questo lo vedo quando organizziamo degli eventi dal vivo per presentare il progetto. Molte persone ci ringraziano per il nostro lavoro e questa cosa mi stupisce: mi accorgo di una fiducia che si è costruita attraverso uno schermo ma che ha un suo valore.
Il rapporto diretto con i followers è decisivo.
Esatto. Da poco abbiamo anche aperto la Casa Peso Positivo, che è uno spazio dove poter incontrare le persone che ci seguono. Si trova a Monza e per il momento non è ancora attivo tutti i giorni. In futuro vorremmo ospitare eventi in presenza e, perché no, tenerlo aperto come luogo di condivisione tra i giovani, per esempio per lo studio pomeridiano.