L’Italia ha fallito nel proteggere il diritto alla vita di 268 persone che, l’11 ottobre 2013, sono annegate nel naufragio di un peschereccio sul Mediterraneo. Questa la condanna emessa dal Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra lo scorso 28 gennaio, in riferimento al mancato soccorso di una nave alla deriva con a bordo 400 persone, tra adulti e minori. Nel naufragio morirono 268 persone, in prevalenza siriane e palestinesi, di cui 60 bambini.
Il naufragio e il mancato soccorso
Il processo è stato avviato da quattro sopravvissuti, ognuno dei quali ha perso la rispettiva famiglia durante il naufragio. I superstiti hanno adito le vie legali prima in numerosi tribunali italiani, e infine al Comitato del’ONU. Secondo le loro ricostruzioni, la nave era partita da Zuwarah, città portuale della Libia, dove erano saliti a bordo un grosso numero di persone, perlopiù provenienti dalla Siria. A poche ore dalla partenza, intorno all’1:00 di notte dell’11 ottobre, il peschereccio è stato colpito da una nave ignota munita di una bandiera Berbera.
La sentenza del Comitato ha specificato che l’Italia ha deliberatamente ignorato diverse richieste di soccorso da parte dell’imbarcazione. Tra le persone a bordo, c’è chi ha più volte chiamato il numero di emergenza della guardia costiera italiana, comunicando lo stato di naufragio e fornendo le coordinate. Solo intorno alle 13:00 la Guardia costiera ha fornito una risposta ufficiale alle richieste di aiuto: poiché si trovavano nell’area corrispondente a Malta, era necessario contattare le autorità di soccorso maltese. Tra le 13:00 e le 15:00 dell’11 ottobre, le persone a bordo del peschereccio hanno provato inutilmente a contattare la capitaneria di Malta, arrivata sul luogo solo alle 17:50 quando la nave era già quasi del tutto affondata. Marina militare e Guardia costiera italiana si sono mobilitate solo dopo le pressanti richieste delle autorità maltesi, presentandosi nel luogo del naufragio dopo le ore 18.
La sentenza e i risarcimenti
Il processo contro i comandanti delle sale operative delle rispettive autorità costiere italiane è iniziato da poco. Assieme a questo, il Comitato delle Nazione Unite per i Diritti umani ha condannato l’Italia a risarcire i danni subiti dai sopravvissuti al naufragio, con la co-responsabilità di Malta.
“Se solo le autorità italiane si fossero mosse con più prontezza, mandando le proprie navi militari e della guardia costiera, i soccorsi sarebbero arrivati almeno due ore prima il completo affondamento dell’imbarcazione,” ha commentato Hélène Tigroudja, membro del Comitato.
L’Italia è inoltre tenuta a motivare il ritardo nei soccorsi.