L’omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne accoltellata dal compagno al settimo mese di gravidanza, è l’ennesimo caso di femminicidio che ha scosso l’Italia intera. Il reo confesso è Alessandro Impagnatiello, 30 anni, che ha confessato l’assassinio dopo aver inscenato la sparizione della vittima. La giovane aveva scoperto la sua relazione parallela con una collega di lavoro e, stanca di bugie e manipolazioni, minacciava di lasciarlo per sempre. Oggi Impagnatiello è in custodia cautelare nel carcere di San Vittore a Milano, ma il suo avvocato ha rinunciato a difenderlo. Accusato di omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e procurato aborto, rischia una condanna all’ergastolo.
Le tappe della vicenda
La giovane, originaria del Napoletano, è stata uccisa la sera di sabato 27 maggio nella sua abitazione di Senago, nel milanese. Lì conviveva con il fidanzato Alessandro Impagnatiello, 30 anni, barman all’Armani Bamboo bar di Milano.
È stato lui a denunciare la scomparsa di Giulia nel pomeriggio di domenica 28 maggio, dando il via alle ricerche. Tutte le pagine di cronaca attive nel milanese hanno diffuso sui social l’identikit della ragazza: bionda, capelli lunghi, il tatuaggio di un fiore stampato sulla spalla, un bambino in grembo da sette mesi. Poi, dopo quattro giorni di ricerche, la confessione di Impagnatiello nella serata di mercoledì 31 maggio.
Sarebbe stato lui a uccidere la fidanzata, che aveva scoperto la sua relazione con un’altra donna. Il 30enne avrebbe quindi deciso di assassinarla, colpendola ripetutamente al collo con un coltello. Avrebbe poi tentato di disfarsi del corpo, dandogli fuoco nella vasca da bagno e occultandone i resti nei pressi dell’abitazione, dietro ai box di una palazzina in via Monte Rosa.
Gli sviluppi
Alle 17 di sabato, il giorno in cui è stata uccisa, la giovane si trovava fuori dall’Armani bar. Era andata a parlare con l’amante di Impagnatiello, 23enne di origine inglese. Di recente Giulia aveva scoperto la relazione del compagno con quest’ultima. Anche lei era rimasta incinta a gennaio, ma aveva poi deciso di interrompere la gravidanza.
In quegli stessi minuti di sabato pomeriggio, Alessandro stava cercando sul web informazioni su come disfarsi di un cadavere. «Ceramica bruciata vasca da bagno», aveva digitato sul motore di ricerca, giusto poche ore prima del tentativo di dare fuoco al corpo. Giulia era rientrata a casa, dopo l’incontro con l’amante di Impagnatiello, alle 19:05 di quel pomeriggio. Voleva chiarire con Alessandro i fatti, mettendo in luce quanto avesse scoperto della sua vita sentimentale parallela.
È l’ultima traccia che si ha della giovane, ripresa dalle telecamere di sorveglianza della zona mentre rincasava. Poi l’omicidio, che sarebbe avvenuto entro le 20:30 di quella sera. Intorno a quell’orario, Impagnatiello è stato infatti ripreso dalla videosorveglianza mentre usciva di casa. Il movente, poi confermato dall’uomo, sarebbe stato una lite tra i due mentre Giulia preparava la cena.
L’avvocato di Impagnatiello rinuncia al mandato
La tragica storia di Giulia Tramontano ha una nuova piega. Il compagno Alessandro Impagnatiello ha perso il suo legale, che ha rinunciato al mandato nella giornata di lunedì 5 maggio. L’avvocato Sebastiano Sartori ha infatti deciso di non rappresentarlo più. «È una questione privata», ha dichiarato Sartori, sottolineando che i motivi della sua decisione sono coperti dal segreto professionale e rimarranno tra lui e il suo assistito.
Prima di rinunciare all’incarico, Sartori ha rivelato che l’arma del delitto non è stata nascosta. Secondo le indicazioni di Impagnatiello, il coltello si troverebbe in un ceppo sopra il frigo nella loro casa a Senago. Durante l’interrogatorio, l’accusato aveva però fornito informazioni diverse al giudice per le indagini preliminari Angela Minerva.
Sartori ha anche parlato dello stato d’animo di Impagnatiello, descrivendolo come molto angosciato. In precedenza aveva sollevato preoccupazioni sulla stabilità psicologica del 30enne, che aveva manifestato intenzioni suicide come espressione di pentimento.
Intanto, si sta organizzando l’autopsia sul corpo di Giulia per venerdì 9 maggio e si prevede di esaminare l’abitazione della tragedia e il garage dove era stato nascosto il corpo. Il lavoro delle autorità prosegue nella speranza di fare luce su questo terribile evento.
Le accuse
Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell’assassinio di Giulia Tramontano, è accusato di omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e procurato aborto. Per lui è stata disposta la custodia cautelare in carcere e, al momento, è detenuto a San Vittore a Milano in attesa del processo. Le aggravanti riconosciute dal giudice per le indagini preliminari (GIP), contestate in sede di convalida del fermo, sono quelle dei “futili motivi” e del “vincono sentimentale”.
Impagnatiello, infatti, durante l’interrogatorio ha dichiarato di aver commesso il reato senza una giustificazione effettiva. Era sotto stress a causa della doppia relazione, preoccupato del fatto che le voci si fossero diffuse anche nel suo ambiente lavorativo. Il giudice ha quindi ritenuto i motivi dell’omicidio del tutto sproporzionati rispetto all’azione delittuosa commessa. Da qui, l’aggravante dei “motivi abietti o futili” prevista dall’articolo 61 del codice penale.
Inoltre, il codice penale prevede la pena dell’ergastolo quando l’omicidio è commesso contro il coniuge o la persona stabilmente convivente con il colpevole. Anche in questo caso il giudice ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti per l’imputazione dell’aggravante. Impagnatiello quindi, in base ai capi d’accusa, rischia al processo una condanna all’ergastolo.
L’esclusione della premeditazione come circostanza aggravante
Le ricerche sul web inerenti a come disfarsi del corpo, effettuate dal 30enne nelle ore prima dell’omicidio, hanno indotto i pubblici ministeri Alessia Menegazzo e Letizia Mannella a contestare anche l’aggravante della premeditazione. Il GIP ne ha però escluso la sussistenza. In mancanza di una definizione legislativa, diverse sentenze della Corte di Cassazione e la dottrina del diritto hanno definito i presupposti giuridici per la premeditazione.
Secondo queste ultime, deve esserci un «apprezzabile lasso di tempo» tra il momento in cui il colpevole concepisce e progetta il reato e il momento in cui lo realizza. E nel caso di Impagnatiello – secondo l’ordinanza del giudice – non sussiste un intervallo temporale apprezzabile tra le ricerche online su come eliminare il cadavere e l’assassinio in sé. Si sarebbe trattato, infatti, di poche ore: un lasso di tempo troppo ridotto, che fa parte dello stesso «progetto criminoso» dell’omicidio e non di una premeditazione dello stesso.
L’esclusione della crudeltà come circostanza aggravante
I pm incaricati delle indagini avevano contestato anche l’aggravante della crudeltà. Ma, anche in questo caso, il GIP ne ha negato la sussistenza. Il delitto commesso dal 30enne non è infatti caratterizzato da «particolare pervicacia»: così si legge nell’ordinanza. Il giudice, infatti, non deve esaminare la crudeltà da una prospettiva etica e morale, ma piuttosto concentrarsi sulle modalità con cui il colpevole commette il reato.
Si tratta di una valutazione tecnica: il tipo di arma usata per l’omicidio, il fatto che la vittima sia stata prima torturata e poi assassinata, o che sia stata causata una morte lenta e dolorosa. Nel caso di Impagnatiello, l’aggravante della crudeltà non sussiste «considerato il tipo di strumento impiegato (un coltello, ndr) e il numero di ferite inferte». In pratica, la vittima è spirata in pochi istanti. In ogni caso, l’insussistenza della premeditazione e della crudeltà non escludono una possibile condanna all’ergastolo per Alessandro Impagnatiello.