Venerdì 26 il #nodeliveryday, sciopero nazionale per i diritti dei rider

“Oggi non fate acquisti delivery” si legge nella lettera aperta dei rider di tutta Italia che oggi incrociano le braccia per rivendicare i loro diritti lavorativi. I rider chiedono ai loro clienti di non ordinare, in segno di solidarietà, cibo in consegna attraverso le maggiori piattaforme di delivery, come UberEats, Deliveroo, JustEat e Glovo, durante tutta la giornata di Venerdì 26 Marzo. Lo sciopero nazionale ha preso il nome di #nodeliveryday e mantiene vivo l’eco delle proteste dei rider contro lo sfruttamento sul lavoro e l’inadeguatezza dei contratti sindacali.

LO SCIOPERO

«Il 26 marzo i ruoli saranno invertiti, i rider di tutta Italia si fermeranno in attesa che stavolta tocchi a loro ricevere qualcosa: un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro. In altre parole, un contratto collettivo nazionale», ha scritto la Uiltucs, Unione Italiana Lavoratori Turismo e Commercio, sul suo sito internet in preparazione alle proteste.

Sono molte le adesioni sindacali che sostengono questo sciopero: nelle grandi città come nelle realtà più piccole è evidente che il sistema di delivery riguarda una grande fetta di popolazione e tantissimi lavoratori.

Manifesto di sciopero nazionale, 26 Marzo 2021

Ad Ancona, la Nidil Cgil scrive sul suo profilo Facebook le ragioni dell’adesione alla protesta: «I rider non hanno diritto a ferie, malattia, TFR, all’indennità di lavoro notturno e durante la pandemia, mentre i guadagni delle piattaforme aumentavano, questi lavoratori hanno subito un netto peggioramento delle proprie condizioni».

La lettera aperta dei fattorini si rivolge ai clienti del cibo a domicilio così come all’intera opinione pubblica per far emergere sempre di più questa difficile realtà lavorativa. «Da anni stiamo lottando affinché siano riconosciuti i nostri diritti – scrivono i rider – Ci troviamo in una situazione paradossale, eppure diffusa nel mondo del lavoro contemporaneo, sempre più simile ad una giungla: siamo pedine nelle mani di un algoritmo, eppure siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere, eppure non siamo considerati lavoratori dipendenti».

I CONTRATTI

Mercoledì 24 è stato firmato un protocollo Assodelivery-sindacati per monitorare e bloccare lo sfruttamento dei lavoratori. Cgil, Cisl, Uil e Assodelivery hanno sottoscritto, alla presenza del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il Protocollo Quadro Sperimentale per la legalità, contro il caporalato, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery.

Il protocollo è un gradino verso una condizione lavorativa migliore, ma di strada da fare in questo senso ce n’è tanta. I rider non sono soddisfatti «di un accordo pirata siglato col sostegno di un sindacato di comodo» e  chiedono «un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro con una retribuzione adeguata». Per Mario Grasso che segue per la Uiltucs i rider e i lavoratori della Gig Economy il contratto collettivo di lavoro di riferimento non può che essere quello dei pubblici esercizi e della ristorazione.

L’INCHIESTA

Mercoledì 24 febbraio 2021 la Procura di Milano ha presentato i risultati di un’inchiesta, durata due anni, sui lavoratori delle quattro principali piattaforme di food delivery: Glovo, Uber Eats, Deliveroo e Just Eat. Le condizioni di sfruttamento dei rider sono diventate più evidenti nel periodo della pandemia, con turni di lavoro sono insostenibili e misure di sicurezza pressoché inesistenti.

Oggi il digital food delivery rappresenta tra il 20% e il 25% del settore del domicilio (18% 2019).

«In questa pandemia ci hanno definito come “essenziali”, in un contesto dove le piattaforme non ci fornivano nemmeno le mascherine e, per una simile ovvietà, siamo dovuti ricorrere in tribunale» è ciò che rivendicano i fattorini. Il delivery è diventato, soprattutto nelle grandi città, una fonte di guadagno consistente, ma solamente nelle mani dei proprietari delle piattaforme. I rider infatti spiegano che «il finto lavoro autonomo è solamente un espediente: consente a multinazionali feroci di non rispettare i contratti e di non riconoscerci tutele».

Attraverso il #nodeliveryday i lavoratori chiedono di «ottenere giustizia e un trattamento dignitoso che non può che passare attraverso il riconoscimento di istituti contrattuali fondamentali come la malattia, le ferie, il congedo parentale, la paga oraria che ci liberi dal ricatto del cottimo, il Tfr, un monte ore minimo garantito e i diritti sindacali. Porteremo avanti la nostra battaglia fino a quando non avremo quello che ci spetta».

Maria Oberti

Mi interesso di social media, cinema e rivoluzioni culturali. La nostra società si evolve in modo frenetico e per me è importante tendere l'orecchio e lo sguardo alle sue conseguenze. Rivoluzioni tecnologiche, tendenze sociali e libertà individuali sono gli stimoli che sento di più.

No Comments Yet

Leave a Reply