Staples Center di Los Angeles. Lakers e Denver Nuggets si affrontano nel cuore di un secondo quarto che vede nettamente avanti la franchigia del Colorado. LeBron James riceve palla in post alto, parte in palleggio e segna col fallo appoggiandosi su Torrey Craig. Sono due punti che non cambiano la sostanza della partita, ennesima pillola amara della stagione gialloviola, ma che per il signore col 23 sulle spalle significano il sorpasso su Michael Jordan nella classifica dei migliori realizzatori della storia NBA. «Per me Michael Jordan è come Gesù. Avevo 15 anni quando l’ho incontrato, non potevo nemmeno comprarmi le sue scarpe. Pazzesco averlo superato».
“Il prescelto” sale al quarto posto assoluto superando i 32.292 punti di Jordan e mette nel mirino Kobe Bryant, che con 33.643 occupa la terza piazza. Più in alto Karl Malone con 36.928 e Kareem Abdul-Jabbar con 38.387, entrambi alla portata del nativo di Akron, forte di una media punti più alta e dei suoi 4 anni di contratto accordati coi Lakers la scorsa estate. Il sorpasso su Jordan era un traguardo preventivato, uno squarcio di luce in una stagione oscura, dove un posto nei playoff assume sempre più i connotati della chimera. I Lakers col loro record di 30-35 e con 17 gare ancora da giocare vedono col binocolo l’ultima piazza utile per la post season, occupata al momento dai cugini dei Clippers (37-30).
LeBron James i playoff li gioca ininterrottamente dalla stagione 2005/2006, per lui andare in vacanza ad aprile semplicemente non è contemplabile. A fine dicembre contro i Golden State Warrios aveva lasciato il parquet colto da uno dei rarissimi infortuni della sua carriera, prendendo un breve congedo da una squadra apparentemente in salute e con un record positivo. Poco più di un mese dopo ha ritrovato un collettivo spompato, demotivato e sempre più alla deriva dell’ottavo posto nella Western Conference. Magic Johnson, che oltre ad essere dirigente ha il gialloviola tatuato nel cuore, ha provato rimescolare le carte scuotendo l’albero della free agency, per poi persuadere Anthony Davis ad accasarsi all’ombra di Hollywood. Tentativo narcotizzato dalle pretese della dirigenza dei New Orleans Pelicans, restia all’idea di perdere la propria stella in questa stagione. Il ritorno in campo di LeBron, nel frattempo, non si è tradotto in una riscossa del collettivo, con il sorpasso su Jordan a rappresentare un rarissimo urrà di un’annata amara.
«Siamo stati sfortunati, ma allo stesso tempo è chiaro che non riusciamo più a cogliere le opportunità ». Così recitava un James avvilito dalla sconfitta coi Phoenix Suns – squadra col peggior record NBA – la sera del 3 marzo. 27 punti e 16 rimbalzi che non sono bastati né a portare a casa il risultato né a ricompattare un gruppo che sembra già avere la testa altrove. Ancora un mese prima di tirare le somme, ancora poco tempo prima di assistere ad un terremoto che accompagnerà i Lakers verso quella che si preannuncia come una lunga estate.