Continuano a morire sotto i colpi della polizia i manifestanti in Myanmar. Secondo il sito di informazione birmano Myanmar Now sarebbe salito a 59 il conto delle vittime nelle ultime ore nella sola città di Yangon, ex capitale del paese. Il totale dei morti dall’inizio delle proteste arriverebbe così a quota 149. Nel frattempo, slitta la nuova udienza per il processo di Aung San Suu Kyi. In carcere dal primo febbraio, il giorno in cui è avvenuto il colpo di stato militare, la leader della Lega Nazionale per la Democrazia attende di essere giudicata dal tribunale dell’esercito.
149 morti dal primo febbraio, una stima al ribasso
Sale ancora il conto dei morti tra le fila del popolo birmano. Secondo Ravina Shamdasani, Alto commissariato Onu per i diritti umani, il bilancio delle persone uccise, seppur drammatico, rappresenterebbe una stima al ribasso rispetto alle vittime reali: «Ci sono molte altre segnalazioni di ulteriori uccisioni che non siamo stati ancora in grado di confermare», ha dichiarato la portavoce oggi – martedì 16 febbraio – all’Ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra.
Un dubbio, quello sull’effettivo numero di vittime, che sarebbe condiviso anche da alcuni siti di informazione locali che, citando come fonti alcuni medici di servizio nei tre principali ospedali dell’ex capitale, parlano di cifre ancora più drammatiche.
Legge marziale nell’ex capitale Yangon
Se è vero che preoccupa il dato assoluto dei 149 morti dall’inizio delle proteste del primo febbraio, spaventa ancora di più la progressione con cui stanno aumentando le vittime negli ultimi giorni. L’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici, aggiornando quotidianamente il conto delle vittime, è costretta a riportare un numero di decessi sempre maggiore: 6 il 13 marzo, diciotto il 14, cinquantanove il giorno successivo.
A Yangon, il centro dove stanno avvenendo gli scontri più duri, la giunta militare salita al potere dopo il golpe ha dichiarato la legge marziale in due municipalità. Un portavoce di Stato ha fatto risuonare nelle case dei cittadini l’annuncio televisivo: il governo militare «conferisce potere di legge marziale amministrativa e giudiziaria al comandante regionale di Yangon per garantire la sicurezza, mantenere lo stato di diritto e la tranquillità in modo più efficace».
Rinviata alla prossima settimana l’udienza ad Aung San Suu Kyi
Parallelamente alle proteste del popolo, seppur a singhiozzo, procede anche la vicenda giudiziaria che coinvolge Aung San Suu Kyi. La leader del partito che aveva vinto le elezioni di novembre – di cui i militari hanno denunciato i presunti brogli che poi hanno portato al colpo di stato – è ancora in carcere per «importazione illegale di walkie-talkie» e «violazione della legge sulla comunicazione e incitamento al disordine pubblico».
La nuova udienza era stata fissata per il 15 di marzo, ma il legale della leader ha annunciato che la teleconferenza è stata rinviata alla prossima settimana, a causa di problemi tecnici con la connessione Internet. Sono settimane, ormai, che nel paese l’accesso alla rete non è garantito con continuità. Nelle ultime ore la connessione a Internet non è raggiungibile né attraverso la telefonia mobile né via cavo.