È fissato per il 20 marzo il giorno dell’autopsia sul corpo di Imane Fadil, la modella marocchina morta il primo marzo all’Humantias di Milano. I consulenti nominati procederanno a prelevare porzioni di tessuti degli organi interni della ragazza per verificare l’eventuale presenza di attività radioattiva. Dopo di che, a seconda del risultato degli esami, si effettuerà l’autopsia che per cautela avverrà con modi davvero rari, perché non è escluso che la ragazza possa aver ingerito sostanze radioattive e quindi potenzialmente pericolose. Dunque, sale dell’ospedale e dell’obitorio schermate, maschere e camici piombati, persino l’intervento del nucleo antibatteriologico dei vigili del fuoco.
Intanto, c’è un’inchiesta aperta per omicidio volontario, il procuratore Francesco Greco ha parlato del sospetto di avvelenamento, elencando almeno quattro metalli pesanti (con valori ben oltre il normale) che la 34enne morta lo scorso primo marzo all’Humanitas, aveva sicuramente nel sangue. Il 19 marzo però in Procura hanno spiegato che per la strana morte della modella teste d’accusa del processo Ruby ter, l’ipotesi della malattia rara e quella del veleno sono sullo stesso piano e «hanno pari dignità».
Trenta giorni prima della morte
Un mistero ancora aperto e con un’unica certezza: una ragazza di 34 anni che muore dopo quasi 20 giorni e dopo oltre un mese di ricovero. Imane Fadil entra infatti in ospedale il 29 gennaio. È a casa di un amico che la ospita temporaneamente quando si sente male, ha dolori all’addome, vomita: viene portata all’Humanitas, clinica di Rozzano, alle porte di Milano. Lì resterà fino al primo marzo, giorno in cui muore alle 6 del mattino, «lucida e vigile» quasi fino alla fine. E in quel mese in ospedale – da quanto risulta finora – nessuno sa e capisce che quella paziente è la teste chiave del processo contro Silvio Berlusconi. La prima diagnosi che viene fatta è di una grave “aplasia midollare”: il suo midollo osseo ha smesso di produrre globuli bianchi, rossi e piastrine, condizione tipica di tumori o malattie autoimmuni. Per questo, dopo essere stata ricoverata in Terapia intensiva, la paziente viene sottoposta ad analisi per la ricerca di linfoma o di lupus (una malattia autoimmune che causa l’attacco degli anticorpi degli organi interni). In quel mese che il procuratore capo di Milano Francesco Greco indica come “un calvario”, in cui la ragazza dimagrisce continuamente e si consuma, passerà dalla Rianimazione a Medicina, e infine di nuovo in Terapia intensiva. Dieci giorni prima di morire la ragazza confida a suo fratello Tarek e al suo avvocato Paolo Sevesi di credere di essere stata avvelenata. Ed è dopo 20 giorni di cure che l’Humanitas chiede alla clinica Maugeri di Pavia di effettuare analisi per capire se sia vero.