In prima fila dell’Aula Seminari dell’edificio 1 della IULM, gli aspiranti giornalisti in attesa di svolgere le prove di selezione per il Master in Giornalismo 2019/21. Davanti a loro, Milena Gabanelli, giornalista prima di Report e poi autrice e animatrice di DataRoom, rubrica di data journalism del Corriere della Sera. Daniele Manca, direttore del master e vicedirettore del Corriere, l’ha scelta per parlare alle nuove leve di cosa vuol dire essere un giornalista oggi. E chi meglio di lei, per anni volto e mente di una delle trasmissioni Rai più seguite e poi creatrice di una rubrica di inchiesta che si avvale dell’ausilio di tutte le nuove tecnologie?
L’incontro è più che mai informale e la Gabanelli subito spiazza: «ho raccontato la storia della mia carriera tante volte, ormai è un disco rigato. Vorrei fossero i ragazzi a farmi qualche domanda. Vorrei fare fatica». E il microfono passa subito al pubblico, ma la Gabanelli non impiega molto tempo a riportare l’attenzione sulle sue considerazioni. «Un master in giornalismo di questi tempi è come una laurea: non ti consegna un lavoro, ma sicuramente è una prerogativa necessaria per avere più porte aperte. Se si entra in una redazione, si deve sempre bussare con un progetto da proporre, perché nessun mestiere – soprattutto i primi tempi – lavora tanto sulle idee. Per far approvare la mia prima inchiesta ho impiegato quattro mesi e prima ancora di proporla, ho passato tanto altro tempo a studiare i dettagli di quello che volevo documentare. Solo arrivata a 40 anni ho potuto iniziare a mantenermi completamente con il giornalismo. Non esiste niente che si sostituisca alle idee e alla voglia di fare, ma un master è un’ottima base per capire come gestire al meglio il proprio potenziale».
Per Milena Gabanelli, dunque, si tratta di scommettere. Continuare a camminare sulla fune senza pensare all’assenza della rete di salvataggio. Davanti alla sua prima richiesta di un viaggio in Cina per realizzare un’inchiesta, la Rai, racconta, le rispose di non avere risorse necessarie destinate ai collaboratori per viaggi così importanti. Ha impiegato diverso tempo a trovare Giovanni Minoli, allora conduttore di Mixer su Rai2, che ha creduto nella sua idea e le ha permesso di partire con una telecamera. «Nella mia carriera mi è capitato di incontrare tanti ragazzi che mi hanno detto “io voglio lavorare in Rai”. Nessuno di loro sapeva veramente dirmi come e su cosa. Per questo credo che non bisogna vedere un punto di arrivo come una base sulla quale formarsi. Il master invece può essere questo: può esservi utile ad ascoltare voi stessi e a capire su cosa volete concentrarvi. E in questo mestiere ascoltare se stessi e gli altri serve sempre».