Milano, sgombero del centro sociale a Bovisa: gli attivisti salgono sul tetto

Sono saliti sul tetto per sfuggire allo sgombero della Polizia di una palazzina in via Cesare Alfieri, a Milano, a pochi passi dalla stazione di Bovisa. Tutto è iniziato la mattina di martedì 21 gennaio, intorno alle 8 del mattino quando gli agenti della Questura si sono presentati davanti all’edificio occupato, il centro sociale Casa Brancaleone.

Due attivisti, i soli a essere rimasti lì a quell’ora – gli altri membri avevano lasciato lo spazio da tempo, sapendo dell’imminenza dell’azione di sgombero – si sono rifugiati sul tetto passando da un abbaino e tuttora non sembrano intenzionati a scendere. Forse una forma di protesta, forse per paura. I vigili del fuoco intanto, sul posto assieme ai sanitari del 118, hanno gonfiato il cuscino pneumatico per precauzione. Non risultano scontri con le forze dell’ordine che, verso le 13, sono saliti sul tetto per trattare con gli attivisti: ma è stato tutto inutile.

Per un periodo la palazzina, di proprietà privata, era stata usata come asilo nido e centro diurno per anziani. Poi è stata dismessa e nel 2017 invasa dal collettivo di Casa Brancaleone, gli anarchici che in passato avevano compiuto altre occupazioni di stabili in via Casella, in zona Certosa, e in via Bruni, in zona Dergano.

L’assessore regionale alla Sicurezza, polizia locale e immigrazione, Riccardo De Corato, si è detto soddisfatto per lo sfratto in atto in piazza Alfieri e ha voluto ringraziare gli agenti impegnati nelle operazioni. «In città – ha aggiunto – sono ancora almeno 22 gli edifici occupati da anarchici e no-global. È necessario che a questo sgombero ne seguano altri, a partire dai centri sociali più “grandi” come il Cantiere e il Leonka, fino al Comitato Autonomo Abitanti Barona che occupa da tempo un’abitazione in via Faenza, il cui proprietario non sa più a chi rivolgersi per riaverla indietro». L’assessore ha infine espresso rammarico per le continue nuove occupazioni di chi viene sgomberato «a spese della comunità».

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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