La squadra mobile di Milano, durante la mattinata del 27 febbraio, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone (di cui 8 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 3 con l’obbligo di dimora nel comune di residenza) in quanto «responsabili a vario titolo di traffico illecito di rifiuti, attività di gestione non autorizzata e intestazione fittizia di beni».
Le indagini, coordinate dalla Dda di Milano, sono partite dall’incendio del capannone della Ipb in via Chiasserini 104, nel quartiere Bovisasca a Milano, distrutto nel rogo divampato il 14 ottobre 2018. Da quell’episodio inquirenti hanno ricostruito un vasto traffico illecito di rifiuti che arrivavano soprattutto dalla Campania, in particolare dalla raccolta degli scarti domestici di Napoli e Salerno. Si tratta in gran parte di materiale plastico bruciato quel giorno e che avrebbe portato ai soggetti coinvolti un profitto illecito di circa 1 milione di euro.
Dopo quattro mesi e mezzo di indagine, le forze dell’ordine sono riuscite ad individuare i titolari della discarica abusiva, responsabili anche di una compravendita illegale che riguarderebbe almeno 37mila metri cubi di rifiuti. Non esistono ancora prove sufficienti per addebitare ai soggetti l’origine dell’incendio, così come non è stata ancora attribuita l’aggravante.
Quasi tutte le ecoballe recavano la sigla 0191212, che corrisponde alla raccolta proveniente proprio dalle città di Napoli e Salerno. Quei rifiuti dovevano essere destinati a impianti per i rifiuti speciali o a termovalorizzatori, invece erano stati portati illegalmente in Lombardia con ditte di trasporto e autisti compiacenti e smaltiti non presso i siti autorizzati, ma accumulati ed abbandonati all’interno di vasti capannoni (affittati da società terze, intestate a prestanome), con ovvio risparmio sui costi di smaltimento.
Il sodalizio aveva ramificazioni in tutta Italia tanto che, anche nei giorni immediatamente successivi all’incendio, i presunti criminali hanno continuato a stoccare in altri depositi tra Venezia, Verona e Lodi: capannoni vuoti che sono stati trovati pieni di spazzatura accumulata illegalmente.
Durante l’incendio di ottobre, dal sito di stoccaggio si era sollevata una colonna di fumo nera visibile da chilometri che aveva reso e per molti giorni a seguire l’aria irrespirabile in diverse zone di Milano.
Meno di una settimana dopo i test dell’Arpa (Agenzia per la prevenzione e protezione dell’ambiente) Lombardia avevano evidenziato 6.7 picogrammi per metrocubo/teq di concentrazione di diossine, un dato preoccupante se si considera che il limite di riferimento fissato dall’Oms è di 0,3.