Sarà una città più verde, probabilmente con meno macchine e con una metro in più, che collegherà il centro con l’aeroporto di Linate. Ma la vera sfida della Milano del 2026, nonostante una profonda trasformazione urbanistica votata comunque – per quanto possibile – alla sostenibilità, sarà quella di risolvere finalmente il problema abitativo. E non si parla solo dei quartieri popolari, la cui rigenerazione sarà «spinta» dai soldi del Pnrr e sui quali il Comune ha già promesso battaglia alla Regione, con l’idea, avanzata nell’ultima campagna elettorale dal sindaco Giuseppe Sala, di smarcarsi dalla doppia gestione col Pirellone e riunire in un’unica società gli oltre 70.000 alloggi presenti sul territorio cittadino.
A Milano è proprio la «casa» a essere diventata un problema. Trovare una stanza a prezzi ragionevoli per uno studente, o un bilocale per una giovane coppia, è diventato praticamente impossibile. E anche le nuove costruzioni, per quanto arricchiscano lo skyline, sono sempre più costose. City Life, Porta Nuova, Isola – per citarne alcuni – sono quartieri dal nuovo volto, il cui sviluppo ha contribuito a rendere Milano la metropoli internazionale che è adesso. Ma il rischio è che la città diventi sempre più «per ricchi» e sempre meno ospitale per la classe media. E dove le già profonde «disuguaglianze sociali» saranno sempre più marcate.
Questo non vuol dire frenare l’impulso del «privato», la cui spinta ha trainato la città del dopoguerra a oggi, ma forse servirebbe un maggior intervento del «pubblico». E una maggiore apertura del mercato, soprattutto quello immobiliare. C’è la necessità di avere più studentati, e maggiori soluzioni abitative a prezzi calmierati. Anche Sala ne è consapevole: «Tra gli investitori immobiliari – le sue parole sempre durante la campagna elettorale – c’è una presa di coscienza sul fatto che è il momento di offrire alla città un residenziale a prezzi più contenuti, a 3-4.000 euro al metro quadrato, a fronte dei meravigliosi palazzi che abbiamo visto negli ultimi anni che costavano 10-13.000 euro al metro quadrato».
IL VILLAGGIO OLIMPICO E L’EX MACELLO
Qualcosa comunque si muove. Uno studentato nuovo nascerà a Porta Romana, nell’area dell’ex scalo ferroviario, da rigenerare per ospitare nel 2026 il Villagio olimpico. Un altro, con case a prezzi contenuti per 1200 famiglie e qualche centinaia di studenti, sorgerà invece all’ex Macello, che sarà riqualificato da Redo Sgr, gruppo immobiliare vincitore del bando internazionale Reinventing Cities.
E nella Milano che ospiterà insieme a Cortina i Giochi del 2026, ci saranno almeno tre palazzetti per eventi e concerti sportivi, e soprattutto due stadi: il nuovo impianto privato fortemente voluto da Milan e Inter – sul quale la giunta a Palazzo Marino ha deliberato il pubblico interesse un mese fa, dando il via libera all’iter di costruzione – e l’attuale Meazza a San Siro, che ospiterà la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi. Ma il futuro «Scala del calcio» sembra sempre più incerto, con i comitati contro l’eventuale abbattimento pronti alle barricate, e nei quali iniziano a spiccare figure anche di rilievo, come l’ex patron dell’Inter Massimo Moratti.
IL PNRR E LE CASE POPOLARI
I 5 miliardi che atterreranno a Milano con il Pnrr, Palazzo Marino vuole spenderli per prolungare le metropolitane verso Baggio, Settimo Milanese e Vimercate, per ammodernare ed efficientare i quartieri popolari e per collegare la centrale elettrica di Cassando d’Adda con Milano, portando calore in maniera più sostenibile a 150.000 famiglie.
Sulle case popolari, subito dopo la riconferma di Sala in Comune, sono iniziati gli incontri istituzionali tra l’assessore meneghino Pierfrancesco Maran (all’Urbanistica nella ultima giunta e ora alla Casa dopo essere stato il più votato in Italia tra i consiglieri alle ultime amministrative) e il suo omologo lombardo alla Casa Alessandro Mattinzoli.
Milano attacca la Regione per la gestione Aler, convinta che Mm dia un servizio migliore ai suoi utenti. La Regione pensa a una riorganizzazione quanto meno per Milano, con lo spacchettamento su più Aler degli alloggi cittadini. Ma per il Pirellone, disposto comunque – come sembra – al dialogo, il confronto con il Comune deve cominciare dalle disparità normative sul fisco che contraddistinguono le due società, a svantaggio di quella regionale. Ritrovare «equità», la parola d’ordine di Mattinzoli, che comunque reputa «datata» la struttura dell’Aler di Milano, specie per le sue risorse economiche, il capitale umano e la configurazione giuridica.
LE OLIMPIADI E GLI SCALI FERROVIARI
Anche se si costruirà «il meno possibile», visto che su 14 impianti sportivi solo il PalaItalia di Milano sarà da realizzare da zero, le Olimpiadi del 2026 avranno comunque un forte impatto sulla città. A partire dalla rigenerazione dello scalo ferroviario di Porta Romana. Lì saranno ospitati gli atleti in una superficie di 19 ettari, circa 60.000 metri quadrati che verranno poi riconvertiti in uno studentato dal gruppo Coima Sgr (che insieme a Covivio e Prada ha acquisito l’intero scalo da Fs per 180 milioni di euro). Dopo i Giochi ci saranno circa 1000 posti letto per studenti, e una nuova piazza con negozi, serre e orti.
Cambierà profondamente anche Piazzale Loreto, il più grande snodo del traffico cittadino, anello di congiunzione tra corso Buenos Aires e viale Padova, per un progetto – assegnato a un team multidisciplinare con capofila lo studio Ceetrus Nhood – che restituirà alla città 24.000 metri quadrati di spazio pubblico pedonale, sviluppati su aree a cielo aperto ottenute con l’apertura del mezzanino della metropolitana. E ci saranno tre nuovi edifici dal «tetto verde», destinati ad attività commerciali, svago e uffici, con il traffico che sarà dirottato ai margini della piazza per favorire gli spostamenti ciclabili e pedonali.
Sempre entro il 2026-2027 anche l’ex scalo ferroviario della stazione di Lambrate sarà rivoluzionato. «Lambrate Streaming», progetto vincitore del bando Reinventing Cities, presentato da un team multidisciplinare cui fa da capofila «Sant’Ilario Società», trasformerà l’area in un maxi parco pubblico di 41.000 mq (che coprirà il 64% dello scalo), con 900 alberi in più, aree per lo sport e un nuovo quartiere di 19.000 mq con 307 abitazioni di edilizia agevolata in vendita o in locazione a prezzi moderati o concordati. E lì vicino, nel quartiere Rubattino, troveranno casa anche i laboratori della Scala, attualmente negli spazi dell’ex Ansaldo in via Bergognone.
La città, nel 2026, potrà contare sul forum di Assago, ammodernato per ospitare le gare olimpiche di pattinaggio di figura e short track. Il secondo impianto dei Giochi sarà invece la «Milano Hockey Arena» nell’area dell’ex Palasharp, chiuso dal 2010. Il Palazzetto, che dovrebbe essere operativo già dal 2023, ospiterà anche concerti ed eventi. La capienza potrà variare in base all’evento in calendario: per una partita di hockey potrà ospitare 5.000 persone, 6.000 per un match di tennis o di pallavolo, circa 7.000 per concerti e spettacoli. E c’è poi l’impianto forse più importante per le Olimpiadi, il PalaItalia nel quartiere Santa Giulia, un progetto che prevede anche la collaborazione della Regione. Il nuovo palazzetto da 15.000 posti costruito dal gruppo Risanamento, che diventerà il più grande d’Italia, ai Giochi sarà l’arena dell’hockey su ghiaccio. Lì intorno verranno realizzati un parco attrezzato di circa 362.000 metri quadrati, nuove scuole di ogni grado, un museo per i bambini, una nuova sede per il conservatorio, residenze di edilizia a canone sociale, convenzionata e libera, attività commerciali, negozi e uffici. Verrà risanata una parte di Santa Giulia, grande quasi quanto la metà del quartiere, con bonifiche per 1,2 milioni di metri cubi di terra. Ma sull’arena pende il ricorso presentato al Tar dal Gruppo Cabassi, proprietario anche del Forum di Assago, contro la delibera del Comune che prevede il riassetto planivolumetrico dell’area a sud-est della città – dove inizialmente doveva nascere un centro congressi – con una rimodulazione dei servizi per il quartieri. Un procedimento che rischia di rallentare l’iter di costruzione dell’arena, destinata a diventare, dopo le Olimpiadi, un’altra soluzione cittadina per eventi sportivi e concerti. In questi casi, come sostenuto da più parti durante le cabine di regia con il governo, secondo il sottosegretario lombardo a Sport e Olimpiadi Antonio Rossi servirebbe «un riconoscimento del ruolo pubblico», specie se si tratta di eventi come le Olimpiadi.
UNA MILANO A «15 MINUTI», MA PER TUTTI?
Il sindaco intanto, fresco di rielezione, sogna una città che entro il 2026 possa diventare «a 15 minuti», lo slogan della sua campagna elettorale. Ossia quartieri dove in quarto d’ora chiunque può trovare tutti i servizi necessari, come scuole, piscine comunali, aree attrezzate per lo sport, parchi giochi e uffici. Sulle Ztl, Area B e C, Sala non arretrerà, così come sulle ciclabili, anche se quella di corso Buenos Aires, oggetto di polemiche da tempo immemore, sarà probabilmente rivista. E pure lo storico pavé, quantomeno in alcuni punti della città, potrebbe pian piano scomparire, per far viaggiare sempre più agevolmente «le due ruote». Anche lo stadio San Siro potrebbe non esserci più, dopo il 2026. Fondamentale, adesso, capire se con il nuovo impianto potrà ancora essere sfruttato e che impatto avrà sull’ambiente un’eventuale demolizione. Ma anche quel quartiere cambierà, perché Milano non si può fermare. A patto però che lo sviluppo non lasci, davvero, indietro nessuno.