Per ora è solo una bozza quella proposta da Forza Italia per fare passare i medici di base da liberi professionisti a lavoratori dipendenti. Ciò che cambierebbe sarebbe il rapporto dei medici di famiglia con il Servizio Sanitario Nazionale. Se la proposta venisse accettata i medici di base diventerebbero dipendenti del Servizio Sanitario, come lo sono gli ospedalieri. Mentre oggi i medici di base possono gestirsi il lavoro e gli orari come meglio credono, essendo lavoratori autonomi. Il documento, di 22 pagine, è rimasto segreto fino al 3 febbraio. Ma è fortemente appoggiato sia dal ministro della Salute Orazio Schillaci, sia dalle Regioni. In realtà si tratta di una riforma richiesta a lungo dagli apparati regionali già dal 2021. Quando, dopo la pandemia, molti sostenevano che l’operato dei medici di famiglia non fosse adeguato ad affrontare le criticità.
L’inquadramento legislativo
Il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) è stato istituito da una legge del 1978. Si è deciso in questa sede che sarebbero stati gli stessi medici di famiglia a scegliere se lavorare come liberi professionisti o dipendenti. Nel 1992 è stato inserito l’articolo 8 a questa legge. E si è deciso per la sola libera professione. È questo articolo che subirebbe le maggiori variazioni dalla proposta di FI.
Ma nel caso in cui la riforma venga accettata chi vedrebbe le modifiche sarebbero i nuovi medici. Mentre quelli che stanno già esercitando come lavoratori autonomi potrebbero continuare a farlo. Sotto alla proposta c’è il problema dei fondi del Pnrr. Si tratta di 1.350 Case della Comunità costruite con 2miliardi di fondi. Queste strutture sono pubbliche ed ecco perché si sponsorizza il nuovo inquadramento legislativo per i medici di famiglia.
La questione dei contributi
L’inquadramento giuridico e legislativo dei medici di base impone che questi versino i loro contributi a un ente privato. Si tratta dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri (Enpam). Verosimilmente, sempre se la legge venisse approvata, i medici di famiglia inizierebbero a versare i loro contributi all’Inps. I medici di base sono i principali contribuenti dell’Enpam che ha un patrimonio di circa 25 miliardi di euro.
L’ente privato ha due ha due tipi di contributi principali. Il primo è obbligatorio per tutti i medici iscritti all’albo. Quindi, va dai 145 euro all’anno per gli studenti, fino ai 1.961 euro all’anno al compimento dei 40 anni di età. Il secondo riguarda solo i liberi professionisti e si calcola al 19,5% del reddito professionale netto.
Chi a favore e chi contro
Per i motivi contributivi contro la riforma si schierano sia i vertici dell’Enpam, sia la segreteria del sindacato Fimmg. Il progetto è in mano alle Regioni. E sono proprio alcuni Presidenti regionali a favore della proposta. Tra questi c’è il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Ma i governatori non sono tutti favorevoli. Ad esempio, Luca Zaia, presidente del Veneto sostiene che «manchino numericamente medici».
A favore anche i promotori, come il Vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il quale dichiara che la riforma «sostenga la medicina di prossimità senza alterare la posizione dei medici». Ora il braccio di ferro è tra i principali esponenti e i sindacati. Ecco perché Schillaci ha già in programma un confronto con le parti in causa.