Sono ore caldissime per la Gran Bretagna. Dopo la bocciatura di ieri dell’accordo con l’Unione Europea sulla Brexit (202 voti a favore, 432 contrari) presentato da Theresa May, quest’oggi la premier britannica dovrà affrontare in Parlamento la mozione di sfiducia presentata dal leader laburista Jeremy Corbyn.
Secondo le previsioni dei media britannici, May dovrebbe sopravvivere al voto nonostante la sconfitta di ieri. Sembra, infatti, che i deputati della maggioranza che ieri si sono schierati con l’opposizione abbiamo annunciato il loro sostengo al primo ministro. Nel caso in cui riuscisse ad ottenere la fiducia, Theresa May proverà a ripresentare una bozza di accordo entro lunedì prossimo. Ipotesi che, comunque, resta complicata.
Qualora, invece, il governo ottenesse la sfiducia, il leader dell’opposizione Corbyn spera di rimettere in discussione il patto di uscita dall’UE. Possibilità anche questa molto remota, perché Bruxelles, consapevole della necessità di un “piano B”, non è disposta a fare ulteriori concessioni e a ridiscutere i singoli punti che dovranno regolare i rapporti tra il Regno Unito e l’Unione.
«Oggi non è mai stato così forte il rischio di “no-deal”», ha detto stamattina il capo negoziatore della UE, Michel Barnier, intervenendo al Parlamento di Strasburgo durante il dibattito su Brexit. «Cercheremo di evitarlo, ma è nostra responsabilità anche essere lucidi e pronti a questa eventualità. In tempi strettissimi potremmo essere chiamati a varare misure d’urgenza».
L’uscita dall’UE senza un accordo paracadute – che avverrà il 29 marzo, salvo proroghe concesse dall’Unione o in caso di elezioni anticipate – rappresenta l’opzione peggiore per la Gran Bretagna, perché si verificherebbero contraccolpi pesanti sull’economia britannica (crollo della sterlina, contrazione del Pil), ma anche su quelle europee. Nonostante in Parlamento esista una maggioranza trasversale intenzionata ad impedire a tutti i costi un “no deal”, rimane la possibilità che vi si scivoli “accidentalmente” perché non c’è accordo sulle alternative.
Gli altri possibili scenari, al momento, sono o un altro referendum o una “soft Brexit”. La seconda votazione rappresenta una possibilità promossa dal partito laburista, ma osteggiata dal suo stesso leader Corbyn, in quanto risulterebbe un tradimento alla democrazia, visto che il popolo si è già espresso. La seconda opzione, invece, denominata anche “norvegese”, ricalcherebbe la modalità di uscita del paese scandinavo: fuori dall’Unione Europea, ma dentro il mercato unico e l’unione doganale. Alternativa che riaprirebbe il nodo sulla libertà di circolazione, una delle ragioni principali che ha spinto i britannici a votare a favore della Brexit.